Tra le novità più rilevanti in materia di lavoro agile, il 9 marzo la Camera ha varato il disegno di legge sullo Smart working che attende l’approvazione da parte del Senato.
Il provvedimento prevede che le modalità del lavoro agile siano regolate mediante l’accordo tra le parti. Un trattamento economico non inferiore a chi lavora in azienda e diritto alla disconnessione, queste alcune delle novità. Il ddl sul lavoro autonomo coinvolge circa due milioni di lavoratori autonomi e prevede misure a tutela della maternità, dei professionisti iscritti agli albi e ai titolari di partite Iva. Con il termine “Smart working”, letteralmente “lavoro agile”, s’intende la possibilità del dipendente di lavorare da casa, sfruttando a pieno gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia: pc, tablet, piattaforme come Skype, con il quale si possono fare riunioni senza doversi recare fisicamente in ufficio. Una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzata dall’utilizzo di strumenti tecnologici, eseguito in parte all’interno dell’azienda in parte all’esterno.
Il provvedimento stabilisce che il trattamento economico del lavoratore agile non potrà essere inferiore a quello applicato ai dipendenti che svolgono le stesse mansioni in azienda. Altro elemento previsto nel ddl è il cosiddetto diritto alla disconnessione, che altro non è che il classico giorno di riposo per chi si reca in ufficio ogni mattina. Lo Smart working è la modalità di lavoro emergente che rimodula l’organizzazione di molte aziende, consentendo alle persone flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare in ambito lavorativo, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati e sugli obiettivi da raggiungere. Quello del “lavoro virtuale” è una realtà per moltissimi lavoratori italiani, tanto è vero che l’emendamento contenuto nel Jobs Act non intende in nessun modo creare un nuovo tipo di contratto ma mira bensì a disciplinare un fenomeno già in atto che produce risultati positivi per le aziende che lo scelgono.
Sono circa 250.000 i lavoratori dipendenti in Italia che adottano lo Smart working. Il numero di grandi imprese che praticano questa tipologia di lavoro è passato negli ultimi due anni dall’8% al 30%. Un passo verso lo Smart working è stato fatto anche nella pubblica amministrazione, dove attualmente si contano ancora poche iniziative. Eppure, i benefici le aziende non sono pochi: aumenti della produttività dal 15 al 20%, riduzione dei costi nella gestione degli spazi dal 20 al 30%, una drastica riduzione dell’assenteismo e miglioramento del clima aziendale e dell’employer branding. Il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia, insieme a Maria Elena Boschi, sta cercando nuove soluzioni e alternative per il lavoratore pubblico, volte soprattutto a migliorare la conciliazione tra vita privata e l’ufficio, si pensi per esempio al caso delle madri lavoratrici. Sulla carta, essa potrebbe essere un modo per alzare il livello di qualità del pubblico impiego, che avrebbe effetti positivi non solo sul dipendente ma anche sui cittadini che usufruiscono del servizio. Tra le altre novità introdotte nel ddl c’è anche la Dis-coll, l’indennità di disoccupazione per i collaboratori a progetto, diventata strutturale ed estesa ad assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio, a fronte di un incremento dell’aliquota contributiva dello 0,51 per cento. Si allarga anche il perimetro delle spese deducibili (fino a 10mila euro per corsi di aggiornamento professionale, master e convegni fino a 5mila per orientamento e ricerca di nuove opportunità); e se arriva un figlio si potrà ricevere l’indennità di maternità continuando a lavorare.