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Donne al lavoro, la scelta di fare impresa

Una fotografia dell’imprenditoria femminile commentata nell’ultimo rapporto del Censis e Confcooperative che prende in esame 1,32 milioni di imprese che in Italia sono guidate da donne. Lo studio presentato da Andrea Toma della Fondazione Censis e Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha visto la presenza di Anna Manca, presidente della Commissione dirigenti cooperatrici, che ha portato una riflessione sulla mission del fare impresa per le donne. 

Le imprese femminili guidano la ripresa economica

Le aziende femminili crescono più del sistema imprenditoriale. Crescono nelle aree metropolitane del Sud – Reggio Calabria, Catania e Palermo in ambiti che fino a qualche anno fa erano una esclusiva maschile e trovano nella cooperazione il loro habitat economico preferito. Su un totale di 6 milioni e 74 mila imprese registrate, il 21,8% è guidato da donne. Fra il 2014 e il 2016 l’incremento delle imprese femminili è stato dell’1,5%, il triplo rispetto alla crescita del sistema imprenditoriale che non è andato oltre lo 0,5%.

Imprese femminili e tasso di femminizzazione 2014-2016

Tra il 2014 e il 2016 i settori tipicamente maschili hanno registrato una crescita del 2,6% nei settori dell’energia e delle costruzioni. Se si restringe il campo nei settori made in Italy, (moda, turismo e agroalimentare), le imprese femminili confermano una crescita dell’1% fra il 2014 e il 2016, superiore a quanto si registra sul totale delle imprese appartenenti ai settori del made in Italy. In dettaglio, si colloca sopra al’1% la parte di imprese femminili impegnate nel turismo (+5,1%, ma raggiunge l’11,5% nelle attività di accoglienza), nei servizi per la ristorazione +4,4% e nell’industria alimentare +4,0%. Le imprese rosa nascono soprattutto nelle regioni centrali (+2,0%), al Sud (+1,8%), mentre il Nord Ovest e il Nord Est presentano incrementi contenuti (1% circa). Le regioni con più alto tasso di crescita sono il Lazio e la Calabria (+3,1%), mentre nel Nord, Piemonte, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Marche segnano un valore negativo. Le donne, commenta Maurizio Gardini presidente di Confcooperative, «hanno avuto il talento di trasformare fattori di svantaggio, tra pregiudizi e retaggi culturali, in elementi di competitività, riuscendo ad anticipare i fattori di novità del mercato, tanto che la ripresa è trainata dalle imprese femminili che crescono dell’1,5% rispetto a una media dello 0,5%. Nelle cooperative, fanno meglio e 1 su 3 è a guida femminile, è donna il 58% degli occupati e la governance rosa si attesta al 26%. Le donne, nelle cooperative si prestano ad essere un ascensore sociale ed economico importante perché conciliano meglio di altre vita e lavoro. La conciliazione resta il requisito per accrescere la presenza delle donne nelle imprese e nel mondo del lavoro». In termini di stock, una quota rilevante di imprese femminili è distribuita nel Mezzogiorno, dove sono presenti 476 mila aziende, pari al 23,7% del totale. Dall’esame delle 14 città metropolitane emerge al primo posto la Reggio Calabria con un tasso di femminilizzazione del 24,2% nel 2016, seguita da Catania con il 23,6% e da Palermo con il 23,4%. Roma e Milano sono sotto la media nazionale: Roma con 100 mila unità, mentre Milano supera le 60 mila imprese. In totale circa 464 mila imprese femminili sono concentrate nelle aree metropolitane, che rappresentano 1/3 dei valori nazionali. Le donne straniere guidano una quota considerevole nei settori del tessile e dell’abbigliamento con il 27,2% sul totale delle aziende rosa attive nel settore.

Graduatoria delle 14 citta metropolitane per taso di femminizzazione delle imprese 2014-2016

Le donne anticipano le trasformazioni nel lavoro

Mettersi in proprio sembra la strada più percorribile, fallita la ricerca del “posto di lavoro”, grazie agli sviluppi delle tecnologie e della comunicazione e ai costi contenuti per avvio di un’attività imprenditoriale o autonoma. Fattori che hanno contributo ad accrescere l’intraprendenza delle donne nel mercato del lavoro, nonostante la crisi abbia prodotto pesanti effetti sull’occupazione e sulle opportunità di inserimento nel lavoro. Le donne imprenditrici in Italia nel 2016 sono pari a 51 mila contro i 184 mila imprenditori uomini. I dati registrano una ripresa delle donne dal 2015, che anticipa di un anno la crescita degli imprenditori uomini avvenuta nel 2016. A fronte di un tasso di occupazione che ancora diverge per quasi 20 punti percentuali rispetto agli uomini (66,9% di questi ultimi contro il 48,5% delle donne a maggio di quest’anno), emergono fenomeni che attestano una forte volontà di partecipazione e di inserimento da parte della componente femminile. Il nuovo protagonismo femminile appare motivato – come scelta obbligata e come aspirazione – da una spinta all’iniziativa personale di fare in proprio. La vera novità proviene dall’andamento dell’occupazione nelle libere professioni. In questo segmento la presenza femminile è costante negli anni 2007-2016 con un saldo positivo di 259 mila professionisti, di cui 170 mila sono attribuiti alle donne e i restanti 89 mila agli uomini. L’incremento delle professioniste è pari al 5,1% delle occupate contro il 3,5% del 2007.

Innovazione sostantivo femminile

L’investimento in capitale umano realizzato negli ultimi decenni dalle donne ha fatto salire del 53,5% la quota delle laureate tra le occupate contro il 46,5% rispetto agli uomini. Per quanto riguarda la sezione del Registro delle imprese riservata alle startup innovative, nel 2017 le imprese a prevalenza femminile si attestano al 13,3% sul totale di 6.880. Produzione di software, consulenza informatica, ricerca e sviluppo e servizi ICT sono i principali settori di attività scelti dalle imprese guidate da donne. Fra i comparti innovativi quello delle web technologies copre il 45% delle imprese, mentre i settori come bioscienze, smart cities ed energia si aggirano intorno al 10%. Nel profilo degli startupper domina la componente maschile, con il 75,5% sul totale, lasciando alle donne il restante 24,5%. Ma è significativo che questa quota salga al 31,4% nel segmento più giovane degli startupper, e, fatto 100 il totale delle donne presenti nelle start up, la classe fino a 36 anni presenta una quota del 46,7%; fra gli uomini la percentuale dei più giovani si ferma al 36,4%.

Cristina Montagni

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