Si è tenuta a Roma il 26 gennaio a Palazzo Valentini, la tavola rotonda “Immigrazione e dialogo: la sfida delle donne”. La Fidapa BPW Italy, in partnership al Coordinamento Italiano LEF (Lobby Europea delle Donne), Giuseppina Bombaci, coordinatrice BPW Europe, l’ufficio della consigliera di parità nazionale della città metropolitana di Roma Capitale, Franca Cipriani, hanno promosso l’iniziativa per valorizzare l’apporto delle donne migranti nell’economia nazionale. A introdurre i lavori, Caterina Mazzella, presidente nazionale Fidapa BPW Italy e la rappresentante nazionale della Fidapa BPW Italy presso LEF Italia, Rossella Poce.
Ancora una volta la Fidapa si conferma promotrice di confronti e incontri, informando e denunciando, come in questo caso, il tema dell’immigrazione presso le istituzioni politiche nazionali ed europee. Un impegno costante, dichiara Caterina Mazzella, che la Federazione BPW international persegue per la conoscenza dei 17 goal dell’agenda 2030, e in particolare al punto 5 si propone di garantire l’uguaglianza di genere alle donne di tutto il mondo. Questa azione di prevenzione conferma il costante lavoro di 11.000 socie che, con 300 sezioni territoriali, hanno l’obiettivo di fare squadra per difendere i diritti delle donne in ogni campo della vita sociale e civile.
Le massicce ondate migratorie negli ultimi anni hanno posto il mondo occidentale di fronte a nuove sfide economiche sulle politiche sociali. Sfide da affrontare perché non ci sono alternative possibili, e nei processi di cambiamento, le donne sono protagoniste. Le prime a migrare per la necessità di accudire i figli, e per la facilità nel trovare un’occupazione come badanti, baby sitter, o colf. “Sono proprio loro a trovare nuovi modelli di convivenza per garantire un futuro dignitoso ai figli, le uniche a farsi promotrici dei cambiamenti nella vita quotidiana”, conclude la Poce.
Maria Ludovica Bottarelli, presidente del Coordinamento italiano LEF, spiega che il tema delle donne migranti è una questione complessa per le motivazioni e le cause che le inducono ad abbandonare i paesi di origine.
La presidente del distretto centro Fidapa BWP Italy, Patrizia Bonciani, precisa che l’argomento è sentito dall’associazione dove si assiste impotenti a ondate di immigrazione femminile che fuggono dai paesi di origine con la speranza di un futuro migliore in Europa. Il viaggio della speranza – per la Bonciani – si riduce però ad una vita di sfruttamento e disperazione. In questo processo, le donne sono in prima linea, scelgono di emigrare per garantire la crescita dei figli e per la maggiore facilità di un impiego nel paese ospitante. Sono le donne a trovare modelli di convivenza e pace, necessari per il futuro della prole. Comprendere e conoscere queste realtà, è la missione della federazione che punta a smuovere le coscienze di chi ancora non comprende la gravità della situazione in cui versano le donne migranti.
Giuseppina Bombaci, coordinatrice della BPW Europe, suggerisce di parlare di pace al prossimo congresso europeo 2019. La pace – per la Bombaci – va conquistata nelle scuole, nelle università, negli ambienti di lavoro con l’insegnamento dei valori. “Spesso si pensa che un buon lavoro si ottiene solo quando si ottengono buoni profitti. Ma il focus principale è la persona, il lavoratore e la sua dignità”, commenta la Bombaci.
Non c’è convivenza senza l’unione di tutte le donne italiane, per questo è necessario porre al centro dell’attenzione nuovi sistemi di convivenza attraverso la cultura dell’educazione, sostiene la consigliera di parità, Flavia Ginevri. Recenti dati statistici, dimostrano una crescita dei flussi migratori femminili, non solo in Italia, per ragioni economiche e per i ricongiungimenti familiari. Le donne rappresentano una risorsa preziosa, infatti ognuna di loro porta con sé storie intense di coraggio e determinazione, oltre che di supporto alle famiglie per conciliare la vita lavorativa con la cura dei figli in molte famiglie italiane, conclude la Ginevri.
Jean-Léonard Touadi, advisor FAO, politico e accademico, scrittore e giornalista, esperto di movimenti migratori, spiega che il tema dibattuto è cruciale in tempi di globalizzazione. Secondo l’accademico, costituisce il presente e il futuro, e l’Italia è paese di approdo per molti flussi migratori dagli anni ’80 dopo essere stato paese di emigrazione. Il fenomeno oramai strutturale, merita di essere affrontato a partire dai fattori che lo generano, fattori economici, mancanza di rispetto dei diritti umani, studiando sistemi di integrazione tra i popoli.
Tatiana Esposito, direttrice dell’ufficio migrazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ha delineato una mappa per indicare il modo per correggere le percezioni distorte della realtà dell’immigrazione. Il fenomeno migratorio è spesso in cima ai temi di attualità, ed è importante affrontarli con la giusta sensibilità, solo così si può contribuire a smorzare gli eccessi di una narrazione falsata. Si compie l’errore, per la Esposito, di affrontare il tema dell’integrazione solo dal lato dei migranti, ma i processi di integrazione sono variabili bidirezionali che mettono in gioco il migrante e la comunità che la ospita. Il Ministero delle Politiche sociali, commenta la Esposito, attiva vari processi di integrazione, contribuisce a diffondere reportistiche e dati aggiornati sui delicati rapporti che reggono le singole comunità per costruire mappe dettagliate sulla presenza femminile, la condizione familiare, occupazionale e la collocazione geografica. Sommando questi indicatori, si comprende che la nostra immigrazione è costituita da tante comunità diverse, alcune di origine antica, altre più recenti e tra di loro diversificate. Nello specifico, conclude la direttrice dell’ufficio migrazioni, il tasso di occupazione femminile è elevato, in prevalenza inserite nel settore dell’agricoltura. Le donne straniere spesso trovano enormi barriere al mercato del lavoro, una serie di criticità come la difficoltà di accesso al credito e una segregazione settoriale concentrata in molti settori professionali.
Monica Attias, volontaria della Comunità di Sant’Egidio, si occupa da anni del contrasto al traffico degli esseri umani, e interviene sulla parola dialogo per riflettere su ciò che sta accadendo nella nostra società. Dalla tragedia del mediterraneo del 2013, commenta la volontaria, è nato il progetto dei corridoi umanitari. Migliaia di profughi, secondo quanto riportato da Monica Attias, raggiungono l’aeroporto di Fiumicino grazie ai corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e dalla Tavola Valdese. Questi gruppi di persone, costituiti da famiglie con minori, arrivano in sicurezza e legalmente in Italia, in accordo con i ministeri degli Esteri e dell’Interno. Mentre l’Europa fatica ancora a trovare un’unità di vedute di fronte al grande tema dell’immigrazione, un’alleanza tra diversi soggetti della società civile riesce ad autofinanziare un’alternativa concreta ai viaggi della disperazione nel Mediterraneo e ai trafficanti di esseri umani.
La Comunità di Sant’Egidio, sostiene la volontaria, dopo intense trattative con il Ministero degli Interni e degli Esteri e con le Chiese Evangeliche, ha siglato tre protocolli d’intesa per salvare le popolazioni provenienti dal Libano e dall’Iraq, dal Corno d’Africa e Sudan, dall’Eritrea e dalla Somalia. Questo visto umanitario, consente ai profughi di abbandonare legalmente i paesi di origine. La Francia e il Belgio hanno aderito alla proposta di Sant’Egidio, a breve si prevede un incontro con il Ministero degli Interni di Londra per capire se questa è la via percorribile anche per il Regno Unito, spiega la Attias. La comunità di Sant’Egidio, operando in accordo con le ambasciate italiane, ha colto un aspetto interessante dell’accoglienza. I corridoi umanitari prevedono che l’accoglienza sia a carico di sponsor privati – famiglie e comunità religiose – che impattano positivamente sulla vita delle popolazioni ospitanti. Ancora una volta le donne sono attive nel partecipare a questo dialogo di convivenza, ricostituendo le comunità frammentate, conclude la Attias.
L’enorme flusso migratorio intensificatosi dal 2014, commenta Luciana Capretti, giornalista e scrittrice, è costituito da donne musulmane siriane, dirette verso l’Europa. Queste donne, per la scrittrice, compiono grandi sforzi attraverso la rilettura del Corano, affermando che è un testo egalitario. Il Corano, sostiene l’uguaglianza di genere e lo fa dai versetti che guardano alla creazione, in cui le donne e gli uomini sono stati creati insieme, spiega la Capretti. La lettura del Corano, compiuta dalle donne islamiche, è interessante perché compie una rivoluzione all’interno del sistema sociale, dal momento che sino ad ora l’interpretazione del sacro testo è stata demandata agli uomini. Queste donne stanno divulgando da diversi anni un credo liberista non solo in America ma anche in Europa. Oggi, molte di loro sono Imame e conducono la preghiera in Europa. Movimenti come Muslims for Progressive Values, si stanno diffondendo nei piccoli villaggi dove c’è una presenza maggiore di ragazze con lo scopo di fornire strumenti necessari per difendersi da ogni attacco di violenza.
I flussi migratori sono in crescita in tutte le regioni del mondo, e le donne migranti approdano nel nostro paese attraverso modelli migratori differenti, a dirlo è Linda Laura Sabbadini, esperta di dati Istat che spiega il ruolo delle donne e il cambiamento storico nella società. Un fenomeno che risale dagli anni ’70 e secondo l’ONU – Organizzazione delle Nazioni Unite – il numero di persone che vive in luoghi diversi da quelli in cui sono nate, sono circa 250milioni, di cui il 48% è costituito da donne. Nel processo di mobilità, le donne sono in prima linea e l’Italia ha superato i 5milioni di residenti, di cui il 52% è costituito da donne. Questi dati indicano che il processo di radicamento è un buon indicatore di integrazione nel nostro paese. La maggior parte delle donne sono sole, non accompagnate, in cerca di occupazione per ricongiungersi successivamente con la famiglia di origine. Donne che creano delle famiglie transnazionali alla ricerca di una occupazione e richiamare successivamente i loro cari nel paese ospitante. Questo processo di trasformazione e integrazione, da anni è vissuto dalle donne filippine, ucraine e latino-americane, sostiene la Sabbadini. Ci sono poi le donne richiedenti asilo politico che arrivano con i figli e rischiano più delle altre atti di violenza per cadere nel circuito dello sfruttamento come vittime di tratta. Le cinesi invece, emigrano con i mariti non per necessità, ma per investire nel nostro paese. Indipendentemente da come avviene il processo migratorio, le donne migrando, ridefiniscono il loro ruolo nella società, dalla partenza a quella di accoglienza. Va sottolineato, aggiunge l’esperta di analisi statistiche, che siamo in presenza di circa 1milione di donne che lavorano in Italia, di cui 226mila disoccupate o in cerca di lavoro. La maggior parte delle lavoratrici possiede un titolo di studio elevato, mentre quelle che rischiano di più sono quelle con bassi livelli di istruzione, diventando vittime di isolamento all’interno di famiglie con un numero maggiore di figli rispetto alle altre istruite. L’interazione con la scuola è, per l’analista, un fattore cruciale per abbattere forme di isolamento e disgregazione sociale. Le migranti, in generale, hanno risentito meno della crisi economica, mentre gli uomini, occupati nell’industria e nel settore delle costruzioni, hanno subito a caro prezzo, il trauma economico degli ultimi anni. Le donne hanno “retto meglio” perché inserite nel settore dei servizi alle famiglie, che ha registrato nel tempo, una crescita della domanda nei bisogni di assistenza agli anziani non autosufficienti. Le immigrate, considerate fulcro nell’integrazione sociale, tengono uniti mondi diversi e rappresentano un ponte tra diverse culture. È necessario lavorare su queste dinamiche per garantire loro, sviluppo, autonomia e libertà oltre che abbattere gli stereotipi che le vedono fragili e poco istruite, mentre cercano di costruire spazi di libertà e autonomia economica, conclude la Sabbadini.
Daniela Colombo, economista, esperta di genere, da anni lavora nei paesi in via di sviluppo, presenta la condizione femminile nei luoghi di provenienza delle immigrate rispetto alle ultime ondate migratorie. Le donne provenienti dall’Est Europa e dall’America Latina, sono in prevalenza occupate nelle famiglie italiane nella cura degli anziani, possiedono un buon livello d’istruzione, una solida rete di riferimento e sono protette da associazioni cattoliche cui fanno riferimento. Le migranti, residenti in Italia, mantengono uno stretto legame con la comunità di origine che le aggiorna su quanto avviene nel loro paese, diventando protagoniste di una doppia vita, in una società dove valori e modelli sono spesso inconciliabili.
Per la psicologa, Liuva Capezzani, le donne possono biologicamente imprimere cambiamenti nella società, trovando soluzioni diverse ai problemi e ai conflitti sociali. La migrazione, per la Capezzani, è una risorsa per la sopravvivenza di ciascuno di noi. Lo scambio culturale, secondo la psicologa, è un’occasione per costruire un modello d’integrazione duraturo, al di là della professione esercitata, costituito da donne che vivono la realtà del quotidiano, hanno rapporti “puri” con l’ambiente circostante, e si riconoscono in una dimensione umana adatta alle proprie necessità.