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È legge il “Codice Rosso” contro la violenza sulle donne

DDl Violenza di genereIl 17 luglio il ddl n. 1200 Codice Rosso a tutela delle donne vittime di violenza è diventato Legge. Con 197 voti favorevoli e nessun contrario, il testo di 21 articoli che individua i reati di violenza domestica e di genere, dallo stalking allo stupro, dai matrimoni forzati al revenge porn, prevede procedimenti penali più veloci al fine di prevenire e combattere la violenza di genere. Il punto di forza della legge non riguarda solo l’inasprimento della pena detentiva ma agisce sulla tempestività dell’intervento delle forze della pubblica sicurezza per scongiurare i fenomeni di femminicidio che sono diventati una piaga nazionale.

La ministra della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno ha dichiarato “ora è necessario operare sul piano della riduzione dei tempi dei processi penali ed il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha commentato “ora lo Stato dice ad alta voce che le donne in Italia non si toccano”, rammentando che in Italia ogni 72 ore muore una donna per femminicidio, una vera e propria emergenza sociale. Con la conversione in Legge del testo del decreto vi sarà l’obbligo di ascoltare la donna entro 3 giorni dalla denuncia, inasprendo le pene per i reati di violenza sessuale, eliminando le attenuanti per il femminicidio ed introducendo nuovi reati come il “revenge porn” e la deformazione permanente del volto per proteggere le donne e i loro figli.

Il premier Giuseppe Conte ha definito la Legge uno strumento pensato per aiutare le numerose donne che quotidianamente sono minacciate, stolkerizzate, sottoposte a violenze fisiche o psicologiche da ex compagni o mariti, talvolta semplicemente da conoscenti.

DDL N. 1200/2019 > SCARICA IL TESTO PDF

Cristina Montagni

 

Codice Rosso, il pacchetto violenza sulle donne passa al Senato

codice rosso3

Il 3 aprile la Camera dei Deputati ha approvato il pacchetto di misure che inaspriscono le pene in materia di violenza sulle donne. Si promette un iter veloce nelle indagini riguardanti i reati di violenza domestica e di genere e prevede che la vittima dovrà essere ascoltata entro poche ore dalla violenza per applicare la misura cautelare nei confronti dell’indagato per evitare che le violenze sfocino in omicidi. Il decreto battezzato “Codice Rosso” voluto dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede e dal ministro della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, passerà al Senato ad eccezione della norma sulla castrazione chimica che sarà presentato successivamente. Codice Rosso contempla quindi una serie di misure tra cui il revenge porn di cui abbiamo parlato in un precedente articolo (Revenge Porn) e di estendere l’uso del braccialetto elettronico a tutte le misure a tutela delle vittime di violenza (es. ordine di allontanamento e divieto di avvicinamento alla vittima).

Analizziamo in dettaglio il pacchetto Codice Rosso

Processi veloci – si introduce una corsia preferenziale per le denunce e le indagini per i reati sessuali. Si prevede che la comunicazione del reato viene data immediatamente anche in forma orale a cui segue quella scritta con le indicazioni e la documentazione prevista. Il pubblico ministero avrà tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato per raccogliere le informazioni, ad eccezione solo se la vittima è un minore. Altra novità è l’allungamento dei tempi per sporgere la denuncia: la vittima avrà 12 mesi e non più 6 per sporgere denuncia dal momento della violenza sessuale.

Stalking – la reclusione passa da un minimo di 1 anno fino a 6 anni e 6 mesi 

Revenge porn e sexting – l’emendamento approvato introduce un nuovo articolo nel codice penale, il 613 ter. Il reato è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5 mila a 15 mila euro. La stessa pena è applicata a chi ha ricevuto, acquisito immagini o video e li pubblica o li diffonde senza il consenso della persona interessata al fine di recare un danno di immagine. La pena aumenta se i fatti sono commessi dal coniuge, anche se separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva con la persona offesa anche attraverso strumenti informatici o telematici. La pena aumenta da un terzo alla metà se i reati sono commessi a danno di una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o di una donna in stato di gravidanza. (leggi il mio articolo)

Violenza sessuale e abusi nei confronti di minori – La violenza assume un peso rilevante in caso di atti sessuali con minori di 14 anni a cui è stato promesso denaro o qualsiasi altra cosa utile.
La pena sarà aumentata di 1/3 nelle ipotesi più gravi, cioè:
se commesso a genitori, nonni o parenti stretti a prescindere dall’età della vittima;
se commesso nei confronti di chi non ha compiuto ancora 18 anni;
se la vittima non ha ancora compiuto 14 anni;
se la vittima non ha compiuto ancora 10 anni la pena si raddoppia;
se la violenza sessuale è di gruppo, le pene vanno da 8 a 14, anziché da 6 a 12.

codice rosso 2Comunicazione tra gli uffici dei tribunali in caso di procedimenti su minori
Nel processo il minore verrà sempre considerato persona vulnerabile e quindi da tutelare di più se deve essere testimone in un processo sempre fino a che non compie 18 anni.

Maltrattamenti in famiglia o conviventi – il carcere passa da 3 a 7 anni, anziché da 2 a 6 anni. Se i maltrattamenti avvengono di fronte ad un minore o di una donna incinta o di un diversamente abile, la pena arriva fino a 10 anni e mezzo di carcere. Per il reato di maltrattamenti e lo stalking sarà possibile applicare misure di controllo e prevenzione come la “sorveglianza speciale” di pubblica sicurezza. 

Sfregio del viso – La deformazione del volto con l’acido o un qualsiasi altro sfregio permanente di una donna sarà considerato reato e verrà punito col carcere da 8 a 14 anni. Inoltre, se la vittima della deformazione viene uccisa, si applicherà la pena dell’ergastolo.

Estensione della pena fino all’applicazione dell’ergastolo
In caso di omicidio, si applicherà l’ergastolo sia se il colpevole conviveva con la vittima, sia se aveva una relazione stabile senza convivere sotto lo stesso tetto. Inoltre, l’omicidio in questi casi sarà considerato aggravato anche se il rapporto con la vittima era già terminato. In questo caso si applicherà il carcere da 24 a 30 anni.

codice rosso 2

Matrimonio forzato e orfani di femminicidio – con l’emendamento approvato dalla Camera il 12 marzo scorso (costrizione matrimoniale e matrimonio precoce) si punisce chi induce un altro a sposarsi usando violenza, minacce o approfittando di una infermità psico-fisica o per precetti religiosi. La pena va da 2-6 anni se coinvolge un minorenne ed è aggravata della metà se danneggia chi non ha compiuto 14 anni al momento del fatto. Si può quindi arrivare fino a 10 anni e mezzo di carcere.

Formazione Forze dell’ordine – per contrastare tutte queste fattispecie verranno istituiti corsi di formazione destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, sia per la prevenzione che sul perseguimento dei reati.

Cristina Montagni

 

Differenza Donna e la Queen Mary University di Londra insieme per presentare il rapporto “What about my right not to be abused?”

Child FirstL’Associazione Differenza Donna insieme alle studiose inglesi della Queen Mary University di Londra hanno presentato al pubblico italiano un’importante ricerca sulla violenza domestica realizzata da Women’s Aid (Federazione composta da oltre 180 organizzazioni non profit che presta assistenza sulle violenze domestiche in tutto il territorio inglese) che ha messo i delicati aspetti riguardanti i rapporti genitoriali nei tribunali di famiglia inglesi. Il rapporto-denuncia “What about my right not to be abused?” esposto il 21 febbraio nella Casa Internazionale delle Donne, si è basato su dati quantitativi e qualitativi e le testimonianze dirette di 72 donne che vivono in Inghilterra. Lo studio che da un punto di vista metodologico è affine alla ONG Differenza Donna, è partito dai vissuti delle donne e dalle esperienze di quelle che hanno avuto accesso alla giustizia per la regolamentazione dell’affido dei minori nei casi di violenza domestica. Dal 2010 Differenza Donna è entrata a far parte del network europeo Women Against Violence Europe (associazioni di 46 Paesi europei impegnate per il contrasto alla violenza di genere e per i diritti delle donne) impegnandosi nei tribunali civili e penali per denunciare gli stereotipi sessisti che impediscono alle donne di vivere una vita libera dalla violenza maschile.  Sempre nel 2010 ha aderito alla campagna internazionale “Every Woman Everywhere” con l’intento di rivedere il trattato partendo dalla dichiarazione ONU del 1993 sull’eliminazione della violenza di genere e dalle raccomandazioni del trattato di uguaglianza del 1979. Al termine della campagna sarà prodotto un documento legale che imporrà alle nazioni di rendere operative le norme in vigore sollecitandole a stanziare maggiori fondi per finanziare gli operatori che lavorano nel settore per prevenire atti di violenza contro donne e ragazze.

Principali risultati delle campagne Child First ed “Every Woman Everywhere”

Locandina Differenza DonnaL’associazione Women’s Aid che nel 2016 ha lanciato la campagna Child First, raccogliendo oltre 44mila firme, ha sollecitato i tribunali della famiglia, la magistratura e il governo inglese a porre al centro di ogni decisione la sicurezza dei bambini e delle donne sopravvissute agli abusi domestici. Grazie alle numerose sottoscrizioni è nata la ricerca Every Woman Everywhere” per dimostrare e far conoscere quanto sia dannosa la violenza domestica sui minori, riconoscendo la violenza assistita o diretta. Dallo studio emerge la totale mancanza di una cultura sulla violenza domestica, senza contare che la violenza inflitta alla madre non è riconducibile alla vita dei bambini ma da un atto del tutto separato. Il dato più preoccupante è che il padre pur avendo commesso violenza sulla madre non è considerato un “cattivo” padre.

“What about my right not to be abused?”Da questa prima analisi sono scaturite diverse raccomandazioni. La prima quella di porre fine alle morti delle bambine e dei bambini, la seconda che le associazioni che si occupano del fenomeno hanno bisogno di maggiore formazione per prevenire e contrastare i fatti sanguinosi con una migliore comunicazione tra gli operatori che lavorano sul campo. Alla luce dei risultati Women’s Aid ha chiesto al governo inglese di operare una totale revisione delle linee guida 12J (linee guida che fanno riferimento all’ordinamento inglese) e che riguardano le decisioni prese rispetto ai minori nelle ordinanze degli incontri parentali, la violenza domestica e il danno. Nel 2017 la norma 12J è stata rivista e di recente la Camera inglese ha ordinato l’inibizione degli incontri diretti in tribunale tra il persecutore e la vittima. La norma ha pure stabilito il campo di azione dei giudici sulle tematiche di genere rispetto alluso di un linguaggio più consono alla violenza domestica, al controllo coercitivo e al danno. La revisione definisce anche le misure speciali da adottare nei confronti delle vittime dei bambini e delle bambine per garantire la loro incolumità in tribunale. Laddove la valutazione del rischio indichi che i minori possono essere in pericolo, il giudice può ordinare il divieto assoluto degli incontri compresi quelli protetti per evitare di esporli ad ulteriori danni. Lo studio denuncia altre criticità come ad esempio il modo con i quali vengono esercitati i diritti umani nei tribunali di famiglia. La scarsa sensibilità nella percezione delle dinamiche degli abusi domestici legati alle discriminazioni di genere che risiedono nei tribunali, la predominanza di stereotipi di genere e atteggiamenti dannosi nei confronti delle sopravvissute e alle madri nei tribunali di famiglia, mettono a rischio la loro vita e la sicurezza dei figli impedendogli di accedere alla giustizia.

Statistiche chiave della ricerca “Every Woman Everywhere”

Dalle testimonianze raccolte il 90% delle donne ha dichiarato che il maltrattante era un uomo, il 67% ha subito abusi fisici, il 57% abusi sessuali, il 55% controlli psicologici, l’83% violenza economica e l‘89% controlli sulla vita personale. Dalle dichiarazioni delle sopravvissute è emerso che nella maggior parte dei casi le donne vittime di abusi non sono state credute, al contrario accusate per non aver subito abusi e ritenute instabili dai giudici. Il 48% delle donne ha spiegato che gli abusi domestici non sono mai stati accertati, mentre altre hanno riferito che l’ex partner ha continuato ad operare un controllo diretto sulla vita sessuale dell’ex compagna anche durante gli incontri con i figli minori. Il rapporto denuncia la scarsa protezione delle donne sopravvissute e delle famiglie all’interno dei tribunali. Un quarto delle intervistate (24%) ha sostenuto di avere subito intimidazioni dall’ex-partner durante le udienze; tre su cinque (61%) hanno testimoniato che non erano state prese misure speciali di protezione, sale d’attesa separate, tempi diversi di entrata/uscita nelle deposizioni, collegamenti video esterni nonostante le reiterate accuse di abusi. La mancanza di misure idonee per le sopravvissute durante il procedimento giudiziario, di fatto danneggia e altera la capacità di deporre impedendo un’efficace difesa dei figli da parte del collegio giudicante. L’indagine ha anche indicato la correlazione tra l’abuso domestico dei sopravvissuti (controlli dopo la separazione) e rischi dovuti alla salute mentale per la sicurezza dei bambini. Il 69% delle sopravvissute ha sostenuto che gli ex-partner si dimostravano violenti anche nei confronti dei bambini, mentre il 38% ha testimoniato che l’ex partner aveva abusato del minore.

Azioni in Italia e in Europa per l’accesso delle donne alla giustizia

Maria Monteleone

Francesco Monastero, ha spiegato che da un anno a Roma è istituito un tavolo interistituzionale permanente che affronta le problematiche delle donne vittime di violenza domestica dando buoni risultati. Il primo è stato quello di aver ottenuto una stanza separata per la testimonianza delle donne che accedono all’aula di giustizia per deporre. Si tratta della prima stanza in Italia dotata di un impianto di video registrazione e sorveglianza che dà la possibilità alla donna di rivivere quel momento doloroso con un approccio più sereno. A breve sarà possibile testimoniare in video conferenza, collegando la stanza a tutte le aule di tribunale, ciò in base alla attuazione della direttiva europea sui diritti della vittima del 2012 e sui principi della Convenzione di Istanbul. Altro risultato che il tavolo ha prodotto è una bozza di linee guida in relazione ai rapporti che devono tenere tribunale civile, procura, tribunale per i minorenni, tribunale penale e servizi a sostegno sul territorio. Un ulteriore provvedimento adottato di recente è che si sono drasticamente ridotti i tempi di giudizio del dibattimento in tutti i casi di stalking e violenza di genere.

“What about my right not to be abused?”

Alida Montaldi ha chiarito che occorre partire da una ricognizione delle procedure che riguarda gli orfani da femminicidi per definire una legge regionale che riconosca l’accesso ad alcuni benefici per i bambini. Purtroppo l’attuale sistema informativo, ha spiegato la magistrata, non consente l’evidenza di queste procedure e l’impegno preso è quello di consentire un’identificazione di tutte le procedure per gestire un monitoraggio fra quelle attuate e quelle da concordare a livello interistituzionale.  “In Italia le leggi ci sono” ha dichiarato Teresa Manente “ed è costituito da un quadro normativo che negli ultimi dieci anni si è rivelato idoneo a contrastare e prevenire il fenomeno delle violenze. Il nodo semmai risiede nell’attuare le norme per una mancanza di sensibilità culturale e conoscenza del fenomeno”. “In sintesi, occorre rendere efficaci le leggi già in vigore in Italia ed applicare in via definitiva la Convezione di Istanbul. Altri disegni di legge sono inaccettabili, contrasterebbero con la costituzione italiana e con la Convenzione di Istanbul” ha concluso la responsabile dell’ufficio legale di Differenza Donna. Franca Mangano, ha sostenuto che i punti di debolezza dell’ordinamento di giudizio sui minori sta nella frammentarietà delle tutele. Il fatto che la stessa situazione abbia più gradi di giudizio da parte di Corti diverse si traduce in una vittimizzazione che può sfociare in un accanimento giudiziario (ripetuto ascolto del minore da parte dei giudici) oppure un vuoto di tutela in alcuni settori (ad esempio il provvedimento di allontanamento del maltrattante). La prospettiva ideale, secondo la giudice, sarebbe quella di una corte unica della famiglia che abbia caratteristiche di specializzazione e che possa conformare l’adeguata tutela sia al minore che alla donna. Luciana Sangiovanni ha sostenuto la necessità di un giudice unico della famiglia, e in attesa che sia varata la legge, il tavolo interistituzionale può offrire molto per condividere le buone prassi. Ha poi commentato che il ruolo della consulenza tecnica sui procedimenti in caso di violenza è importante ma non può sostituirsi alla valutazione del nucleo familiare da parte del pubblico ministero. Maria Monteleone, ha spiegato che la soluzione è quella di sedersi intorno ad un tavolo per studiare linee guida che consentano di monitorare questi fenomeni con il coordinamento efficace tra tutti gli organi giurisdizionali, coloro che svolgono un ruolo di prevenzione e repressione dei reati contro i minori, contro le donne e le persone vulnerabili. Lo stimolo per redigere le nuove linee guida è scaturito a seguito della sentenza del 2017 che ha condannato l’Italia alla Corte europea dei diritti dell’uomo per non aver saputo proteggere una donna e suo figlio che tentava di difendere la madre. Non è un caso che il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), sulla spinta di questa sentenza ha ritenuto doveroso redigere un documento dopo aver raccolto da parte di tutti gli uffici giudiziari d’Italia le prassi più virtuose, per presentare a maggio 2018 una risoluzione che costituisce uno strumento di divulgazione di buone prassi preziosa per tutti gli uffici giudiziari, inquirenti e giudicanti. La bozza delle linee guida ha lo scopo di mettere in atto una sinergia tra giudice civile, giudice penale e giudice minorile. Quanto al ruolo dei consulenti tecnici ci sono due problemi da non sottovalutare. Il primo quello di individuare quale sia il ruolo corretto che la nostra legislazione attribuisce al consulente, secondo individuare i criteri di scelta dei consulenti. È inaccettabile, per la magistrata, che la causa dipenda da un fatto puramente casuale cioè la scelta del professionista solo sulla base dell’iscrizione all’albo prima ancora che sulla valutazione della professionalità. Occorre invece selezionare esperti che siano specializzati per l’ascolto del minore. Infine, ha concluso la magistrata, il consulente può esprimere un parere ma la decisione è riservata esclusivamente al giudice, il che impone un’attenta valutazione del ruolo del consulente e dei sui limiti d’intervento.

Cristina Montagni

Al simposio sono intervenute Francesca Koch, Presidente della Casa Internazionale delle donne, Elisa Ercoli, Presidente di Differenza Donna, Jenny Birchall, Research and Policy Officer- Women’s Aid, London, Shazia Choundhry, Professore di legge della Queen Mary University of London, Myriam Trevisan, Università la Sapienza di Roma, Francesco Monastero, Presidente del Tribunale di Roma, Alida Montaldi, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, Franca Mangano, Presidente della sezione famiglia e Minori della Corte di Appello di Roma, Luciana Sangiovanni, Presidente di Sezione del I Tribunale di Roma, Maria Monteleone, P.A. Coordinatrice gruppo antiviolenza Procura di Roma, incaricata dal CSM, Marisa Mosetti, Giudice del Tribunale di Roma, Paola Di Nicola, GIP del Tribunale di Roma, Elvira Reale, Psicologa, Responsabile del Centro Dafne-Codice Rosa, Cardarelli di Napoli, Simona Napolitani, Avvocata Referente Civilista Ufficio Legale Differenza Donna, Teresa Manente, Avvocata responsabile ufficio legale Differenza Donna