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Autorità e protagonismo femminile: un percorso da reinterpretare. Conferenza a Roma su Donne di Governo – La novità storica
Se l’attuale legislatura ha riconosciuto una donna capo del Governo in Italia, occorre chiedersi se tale risultato produrrà un avanzamento dell’autorità delle donne. Questo il focus del convegno Donne di Governo – La novità storica. “L’avanzata dell’autorità delle donne” organizzato il 28 ottobre a Roma presso Palazzo Valentini insieme alla Scuola di Alta Formazione Donne di Governo con il patrocinio della Consigliera di Parità della Città metropolitana di Roma Capitale, Gianna Baldoni. Giunto alla quarta tappa di un ampio percorso nazionale, hanno partecipato all’evento, donne elette, donne a servizio della comunità che condividono responsabilità politiche e amministrative.

Conferenza Donne di Governo – La novità storica
Il convegno oltre a suggerire visioni concrete, ha raccolto i frutti espressi in Lombardia, Marche ed Emilia-Romagna cui hanno aderito oltre 190 donne impegnate in politica e nelle istituzioni per riaccendere un dialogo sul significato di come governare in libertà e in fedeltà al proprio sentire. Le riflessioni sono state affidate ad Annarosa Buttarelli e Luana Zanella, direttrice scientifica e alla presidente della Fondazione Scuola di Alta Formazione Donne di Governo che hanno dialogato con le partecipanti alla loro prima esperienza da elette.
Dalle donne una politica relazionale. Analizzare e saper leggere la realtà
La tappa romana non si è limitata a narrare il valore della presenza femminile ma rinnova il concetto di autorità radicato nella differenza delle donne. Il percorso – secondo le relatrici – deve essere intercettato in un momento storico dove occorre mantenere alta la rete delle relazioni che sostengono l’agire politico femminile nella convivenza. È determinante promuovere ciò che è stato seminato nel corso della storia per concretizzarsi nella capacità politica di pensare. L’Italia non può dimenticare che la carta delle donne è stata una tappa riconoscibile – distante dal significato di parità e quote – ma espressione di un sentimento di trasformazione; facoltà di analizzare e leggere la realtà. Questi passaggi genealogici sono inevitabili per recuperare e cogliere il protagonismo femminile, renderlo di qualità e far sì che diventi patrimonio comune con la prospettiva “di strappare il popolo dal populismo”. Per avviare la transizione serve una politica relazionale in grado di riconciliare il sentire popolare, dare voce a chi non ha voce, tenere uniti corpo e mente, sentimenti e vita quotidiana. Le donne nel loro DNA hanno la forza di creare nuove chance; riordinare le relazioni sociali, portare ad un altro livello il conflitto tra donne e uomini che non sia solo quello della gestione del potere.

Più impegno per i lavoratori della Città metropolitana di Roma Capitale
Un’attenzione particolare va restituita alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati nella Città Metropolitana poiché nel tempo l’interesse per questi lavoratori è diminuito dal lato amministrativo e personale. Secondo analisi condotte su scala nazionale dalla Fondazione, le sindache rappresentano il 33.2% sul totale di 2.659 persone e nella città metropolitana su 121 Comuni, solo 13 sono amministrate da donne. I dati mostrano che è necessario agire all’interno dei Comuni e per quanto attiene Roma occorrono interventi mirati alla formazione affinché le donne siano più presenti nel governo delle città. L’importanza delle funzioni che le donne rivestono nelle aree dell’amministrazione o ruoli politici è stato oggetto di studio dell’università di Boston dal quale si evince che le donne risultano meno corruttibili, più ponderate e perseveranti nel valutare i processi che sottostanno agli atti che riguardano i lavori pubblici. La ricerca ha indicato che il 22% delle donne con ruoli di rilievo, ha minore probabilità di essere indagata, abbassando il coefficiente di corruzione. Ciò mostra che le donne sanno gestire meglio le situazioni delicate oltre ad essere portatrici di valori quali la famiglia e cura dei figli.

Decalogo del buon Governo
Le donne che ricoprono ruoli di potere devono rispondere a determinate regole per realizzare un buon governo. Livia Turco indica un decalogo, una “cassetta degli attrezzi” fatta di conoscenza del territorio in cui si vive, consapevolezza della carta delle donne, capacità di ascolto nella gestione dei tavoli di lavoro, autorevolezza, responsabilità nella scelta e rispetto dei tempi delle decisioni politiche in relazione alla vita delle persone. Essenziale è non delegare i procedimenti amministrativi agli uffici competenti, poiché ogni provvedimento deve essere accompagnato da valutazione e monitoraggio. Questa funzione spetta anche ai cittadini giacché essi non si limitano a conquistare le leggi ma hanno l’onere di verificare quanto viene applicato per restituire il risultato delle attività compiute.
Un errore della politica non aver intercettato il bisogno delle donne
Dalle recenti elezioni è emersa una totale assenza sul tema di genere; infatti, una percentuale significativa di donne non è andata a votare, e nello spostamento dei flussi da sinistra a destra, sono emersi segmenti di società riconducibili anche al mondo della rappresentanza sindacale. Dei 18 milioni di persone che non hanno votato, c’erano precari, giovani, operai e fasce fragili della popolazione non intercettate dalla politica. Tra le cause della migrazione dei voti, sicuramente una comunicazione identitaria che ha riconosciuto nell’attuale premier una coerenza nelle azioni su più livelli. Un messaggio frutto di una decisione ponderata; segmentare la popolazione e incapacità di cavalcare il bisogno delle donne. Quest’ultima scelta si può cogliere negli investimenti dedicati alle infrastrutture all’interno del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che per le donne significa mancanza di servizi come asili nido, reti sociali, etc. In sintesi, è necessario adottare un meccanismo complesso partendo dalle esperienze personali per guardare al collettivo nella sua totalità. Politica, istituzioni, scuola e rappresentanza sindacale devono trovare lo slancio per stare insieme, fare rete attraverso la capacità di ascolto partendo dalle donne.

Re-interpretare le regole come fu per le madri costituenti
Per Elena Bonetti bisogna riconoscere l’esistenza di regole obsolete nella gestione del potere e re-interpretare gli spazi per rendere competitivo l’esercizio dello stesso. Un altro modo è esercitare un ruolo che modifichi le regole del gioco – come fu per le madri costituenti – stabilendo un cambio di paradigma, trasformare il concetto di potere in concetto di potenza. Le funzioni delle donne devono essere riconosciute in tutte le specificità; capacità di attivare un’energia che altrimenti viene inespressa in una società dove esiste un elevato potenziale economico per competenza e talenti. Per una giusta rappresentanza è necessario attivare processi selettivi per uomini e donne, in grado di incidere in ambito pubblico, nelle aree regionali, nelle autorità di vigilanza per arrivare ai membri del parlamento. È inoltre indispensabile definire processi di partecipazione paritari in tutti i contesti democratici, al contrario si ripeterà un’inerzia storica in cui prevale il maschile sul femminile. Il precedente governo aveva introdotto la certificazione per la parità di genere, strumento volontario per le aziende in grado di promuovere la leadership femminile con il quale si offriva alle imprese vantaggi secondo un principio di premialità. L’impegno delle donne oltre ad essere a livello parlamentare, nella società civile e nell’amministrazione, deve orientarsi verso l’attivazione di processi di investimento per l’empowerment femminile che oltre ad essere un segno di giustizia è un atto di convenienza per l’intero Paese.
Cristina Montagni
Relatori alla conferenza Donne di Governo. La novità storica
Gianna Baldoni, Consigliera di parità della Città metropolitana di Roma Capitale, Tiziana Biolghini, Consigliera delegata alle pari opportunità di Città Metropolitana Roma Capitale, Svetlana Celli, Presidente Assemblea Capitolina, Lorenza Bonaccorsi, presidente primo municipio, referente Pari Opportunità di ALI, Tina Balì, Segretaria Nazionale FLAI CGIL, Elena Bonetti, deputata alla Camera dei deputati, Livia Turco, politica italiana. Per il gruppo di coordinamento della rete La novità storica, Donatella Albini, Alessia Cappello, Andrea Catizone, Maria Rosa Conti, Giovanna Piaia e Francesca Zajczyk.
Rapporto Nazioni Unite 2016: Disuguaglianza di genere ed emancipazione femminile in Africa
SE LO SVILUPPO NON E’ GENERATO, E’ PERICOLOSO
Conferenza delle Nazioni Unite.
La disuguaglianza di genere costa all’area sub-sahariana circa il 6% del PIL della regione, mettendo a repentaglio gli sforzi che il continente sopporta in termini di sviluppo umano e crescita economica. Questa è la denuncia riportata nel secondo Rapporto delle Nazioni Unite: “Advancing Gender Equality and Women’s Empowerment in Africa”, (UNDP).
Helen Clark-Segretario Generale delle Nazioni Unite-dichiara che il raggiungimento della parità di genere e dell’empowerment delle donne è un imperativo per lo sviluppo, l’unica strada da intraprendere. Il rapporto UNDP analizza i diversi driver politici, economici e sociali che ostacolano all’avanzamento delle donne africane e propone azioni concrete per colmare il gender gap. Strumenti in grado di affrontare la contraddizione tra le disposizioni e le prassi nelle leggi di genere, abbattimento delle norme dannose per le donne, trasformazione dei contesti istituzionali/discriminatori, garantire maggiore partecipazione economica, sociale e politica delle donne.
Costi della disuguaglianza di genere
Ostacoli strutturali come la diseguale distribuzione delle risorse, potere e ricchezza, in combinazione con le istituzioni sociali e le norme che sostengono la disuguaglianza stanno tenendo lontane le donne africane dallo sviluppo sociale, economico e culturale. Il rapporto stima che ogni aumento di un punto percentuale nella disuguaglianza di genere, riduce l’indice di sviluppo umano del paese dello 0,75%. L’Indice di Sviluppo Umano (HDI) è una misura sintetica del rendimento medio dello sviluppo umano: vita lunga e sana, essere informati ed un buon livello di vita dignitosa. Il divario di genere è pesante nelle iscrizioni alla scuola primaria e nella partecipazione a tutte le attività di lavoro; bassa partecipazione femminile alla forza lavoro, alto tasso di mortalità materna. Il rapporto inoltre afferma che il 61% delle donne africane combatte quotidianamente l’esclusione economica, un lavoro sottopagato e sottovalutato. Il 66% dei posti di lavoro delle donne africane sono nel settore informale, mentre tra il 7 ed il 30% del tessuto imprenditoriale ha come manager una donna. Le attuali norme sociali sono un ostacolo al progresso delle donne africane. Limitare l’accesso all’istruzione, al lavoro dignitoso equamente retribuito, crea una profonda spaccatura nel tessuto societario che si traduce in bassi tassi di crescita economica per la difficoltà di accesso alle risorse economo-finanziarie. Il dato sconcertante è che oltre 17 milioni di donne e ragazze sono ancora “portatrici di acqua” con conseguenti rischi per la salute: danni ai muscoli e malattie legate all’acqua. Numerose ed altre motivazioni come la violenza sessuale, l’alta mortalità materna riducono enormemente la possibilità di aprire proprio conto bancario o avere accesso al micro-credito. Per queste ragioni il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo, secondo l’Agenda 2063, rimarrebbe una mera utopia. Colmare il gap di genere non sarebbe solo guidare l’Africa verso una crescita economica a due cifre, ma contribuirebbe in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo.
Percorsi di parità di genere e l’empowerment delle donne
Affrontare la disuguaglianza di genere richiede una visione a 360 gradi da parte dei governi e dalla società intera, tenendo conto del benessere delle donne e delle opportunità economiche per una vita produttiva. Il rapporto propone diversi percorsi strategici per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne:
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pianificare e definire delle priorità di bilancio per l’uguaglianza di genere, rinunciando ad una visione politica ed economica di breve periodo per tracciare una roadmap di sviluppo inclusiva e stimolante.
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affrontare il tema della revisione delle norme sociali.
Il rapporto raccomanda sei azioni per accelerare il processo di raggiungimento della parità e l’empowerment delle donne, in base agli obiettivi dell’Agenda 2063:
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adozione di approcci multi-settoriali nella promozione della parità di genere e l’empowerment delle donne.
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capacità dei governi di incoraggiare il coinvolgimento delle donne nei processi decisionali.
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adozione di nuove riforme legislative.
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garantire che le istituzioni nazionali siano in grado di delineare un quadro sociale forte e proattivo, in grado di sviluppare politiche in linea con le esigenze della società.
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dare valore ai dati per migliorare il processo decisionale valutando l’impatto sia a livello locale che regionale.
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impegnarsi nella cooperazione regionale per l’attuazione di politiche ed iniziative di genere in tutti i settori produttivi.
Il raggiungimento della parità di genere e l’empowerment delle donne può essere raggiunto attraverso le alleanze dei diversi policy makers: governo, società civile, settore privato e cooperazione allo sviluppo. In questa prospettiva il Rapporto sollecita di istituire una banca d’investimento delle donne africane, pensare ad una “Certificazione per la parità di genere” e promuovere standard di parità nei luoghi di lavoro.
Cristina Montagni