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Giustizia Internazionale per donne vittime di stupri in Ucraina

7 minuti

“L’Italia” ha detto il Ministro degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale Antonio Tajani “promuove iniziative internazionali per valorizzare il ruolo delle donne nella prevenzione dei conflitti, nel mantenimento della pace e ricostruzione dei post-conflitti in linea con l’Agenda “Donne, Pace e Sicurezza” delle Nazioni Unite”. Il titolare del dicastero di recente ha espresso vicinanza alle donne e ragazze ucraine che vivono il dramma della guerra per le sofferenze e abusi, alle ragazze afghane affinché i progressi ottenuti negli ultimi venti anni sull’istruzione, libertà di movimento, partecipazione politica, economica, sociale e culturale del loro Paese non vadano persi, alle ragazze iraniane che chiedono rispetto dei diritti affrontando una brutale repressione condannata dal nostro Governo.

Maria Tripodi, sottosegretario Affari Esteri e Cooperazione internazionale – Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e Pari Opportunità

Assicurare alla giustizia internazionale le violenze di guerra in Ucraina

In merito alla violenza sulle donne, a gennaio si è costituito a Roma un tavolo tecnico coordinato dal Ministero degli Esteri e Ministero delle Pari Opportunità per riflettere sulla protezione delle donne vittime di stupri di guerra in Ucraina e come assicurare alla giustizia internazionale i colpevoli dei crimini compiuti dall’inizio del conflitto. Lo scopo era individuare risorse per migliorare la risposta della comunità e degli organismi internazionali e analizzare i fattori che generano paura di denunciare da parte delle sopravvissute che permettono agli esecutori di restare impuniti. Le vittime di guerra – hanno sostenuto le esperte – non solo non hanno garanzie sul soddisfacimento delle richieste di giustizia e di risarcimento morale, ma vengono spesso incolpate ed espulse dalle comunità di appartenenza. Con il conflitto Russo-Ucraino l’antica questione dell’impunità rischia di ripetersi; occorre perciò tracciare un percorso che fornisca loro protezione con il supporto delle organizzazioni della società civile ucraina.

Protezione alle sopravvissute vittime di violenza

Diverse le attività che può intraprendere il governo italiano. Dare voce alle donne vittime di violenza e agli operatori che possono intercettare i bisogni delle donne, uomini e bambini per uscire dal trauma e avviare un processo di emancipazione che non deve essere solo nazionale ma coinvolgere l’intera comunità internazionale per costruire una cultura contro lo stigma ed il silenzio. La seconda riguarda l’adeguamento della legislazione nazionale portando il tema nelle sedi opportune insieme al coordinamento del ministero degli esteri e delle pari opportunità. Il terzo canale è l’accoglienza che attiene alla formazione dei soggetti: dai magistrati, alle forze di polizia fino agli operatori sanitari. L’Italia sin dall’inizio del conflitto ha destinato risorse per 500mila euro alle vittime di violenza, e con la crisi umanitaria ha assegnato oltre 10milioni di euro all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per fornire aiuto ai rifugiati ucraini e alle sopravvissute per una futura crescita personale. Il nostro Paese – secondo contributore delle Nazioni Unite per vittime di abusi e sfruttamento sessuale – ha rifinanziato questo fondo presso la Corte Penale Internazionale ed è attiva affinchè sia ripristinato il tessuto sociale del paese colpito.

Pulizia etnica una strategia politica

I crimini contro le donne non interessano un singolo paese. L’Italia ha avviato un percorso antiviolenza implementando il fondo antitratta per le rifugiate, le case rifugio e centri antiviolenza. Va ricordato che i crimini contro le donne spesso vengono ignorati o sottovalutati; hanno profonde radici culturali, sono utilizzati come arma di guerra e dovrebbero essere giudicati fuori legge. Da quando l’esercito di Kiev ha liberato parte dei territori occupati da Mosca, sono emerse violenze condotte dai militari russi: donne violentate davanti ai propri figli, donne costrette a barattare il corpo per avere salva la vita, ragazze chiuse in seminterrati e sottoposte a sevizie e stupri di gruppo, senza risparmiare gli stupri a bambini e bambine di appena un anno. Questa condotta si configura come una strategia politica per umiliare non solo la donna ma un intero popolo, un tentativo di pulizia etnica e desertificazione vitale di un territorio. Per dare significato alle violenze è necessario quindi definire un quadro giuridico nazionale ed internazionale con strumenti di accoglienza per assistere le donne ad affrontare la vita.

Sottostima delle denunce per abusi sessuali

Le Nazioni Unite hanno registrato più di 124 denunce di violenza sessuale ma è probabile che i numeri siano più alti perché se per una donna è difficile manifestarsi, per un uomo lo è ancora di più. E’ utile riflettere che lo Statuto della Corte Internazionale include un’ampia lista di crimini a sfondo sessuale mai pensata e scritta dal secondo dopo guerra. Le categorie della violenza che i giuristi hanno immaginato, oggi sono inclusi nello STATUTO DI ROMA ma per dare ampiezza dei crimini commessi è necessario citare lo stupro, la violenza forzata, la sterilizzazione forzata, l’aborto forzato, lo sfruttamento sessuale, la tratta, la castrazione ed altre forme di brutalità che è difficile codificare per definire la violenza di genere nella sua interezza. La seconda riflessione riguarda la Corte Penale Internazionale che interviene laddove gli stati nazionali non possono o non vogliono intervenire. Tuttavia, il ruolo della giustizia nazionale è rilevante perché la vittima vede aperta una procedura penale nel proprio Stato dove viene riconosciuta l’azione criminosa, quindi immorale. Un’altra osservazione riguarda la criminalizzazione degli atti che potrebbero essere assimilati alla persecuzione di genere, quest’ultima più facile da provare, dove le conseguenze sono devastanti a livello fisico e psicologico sia nel breve che nel lungo periodo. Nel breve periodo può insorgere paura, mancanza di aiuto e disperazione mentre nel lungo periodo può manifestarsi depressione, disordini d’ansia, sintomi somatici multipli, difficoltà di ridefinire relazioni intime, vergogna e stigmatizzazione. Un fattore poco analizzato riguarda l’impatto transgenerazionale degli eventi che coinvolgono soprattutto le future generazioni.

Istituire processi difronte la Corte Penale Internazionale

Le donne sono ancora considerate bottino di guerra. È solo nel 1993 che la Convenzione di Vienna afferma che i diritti delle donne sono parte inalienabile ed indivisibile dei diritti umani universali. Da qui una particolare attenzione all’attuale conflitto per il vaglio e reperimento dei documenti, una sfida che dovrà affrontare la Corte Penale Internazionale. L’Ucraina, nel frattempo, ha predisposto programmi di reinserimento nel tessuto sociale per evitare il problema della doppia vittimizzazione. Da un lato si presenta la vittimizzazione in ambito processuale, dall’altro esiste la difficoltà della risocializzazione. In merito a ciò a maggio dello scorso anno è stato siglato un accordo tra le Nazioni Unite ed il governo ucraino per sostenere le vittime sulla base della risoluzione del Consiglio di Sicurezza per Donne, Pace e Sicurezza, in cui si afferma che le donne non sono solo vittime, ma agenti di cambiamento. Le relatrici ragionano anche sulla difficoltà di istituire processi difronte la Corte Penale Internazionale anche per l’uscita della Russia – dopo il 15 marzo – dal Consiglio d’Europa e dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Esiste però una responsabilità che è in capo alle giurisdizioni nazionali dove c’è la possibilità che gli Stati possano giudicare i reati, secondo lo Statuto di Roma, indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi i fatti. Infine, è utile ricordare che esistono altri strumenti; ad esempio, all’interno delle Nazioni Unite vivono diversi comitati che hanno competenze in merito ai diritti umani e all’accertamento dei crimini.

Cristina Montagni

  • Al tavolo tecnico hanno collaborato: Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Maria Tripodi, sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione internazionale, Paolo Lazzara, vice presidente Inail, Kateryna Levchenko, commissaria del governo ucraino per le politiche di parità di genere. Matilda Bogner, presidente della Missione ONU di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina, Paolina Massidda, Principal Counsel presso l’Ufficio indipendente del Public Counsel per le vittime, Corte penale internazionale, Ghita El Khyari, Capo del Segretariato del Fondo per la pace e l’aiuto umanitario delle donne, Laura Guercio, sociologa dei diritti umani presso l’Università di Perugia ed esperta italiana del Meccanismo di Mosca dell’OSCE, Irene Fellin, rappresentante speciale del Segretario generale per le donne la pace e la sicurezza della NATO, Valeria Emmi, senior specialist per advocacy e networking del CESVI – Cooperazione, emergenza e sviluppo.

La donna nelle organizzazioni mafiose: tra solitudine e speranza

L’evoluzione del ruolo della donna nelle organizzazioni mafiose”, questo il titolo del convegno svolto a fine novembre presso l’aula magna della Suprema Corte di Cassazione e promosso dall’Associazione 7colonne, al quale hanno partecipato accademici e relatori per approfondire le trasformazioni delle donne nella criminalità organizzata. L’incontro segna come la forza, il coraggio e la fiducia nelle istituzioni possono avere un peso decisivo nel contrastare l’ideologia mafiosa.

Significativi gli interventi del primo presidente aggiunto della Corte di Cassazione, dott.ssa Margherita Cassano, il presidente della Pontificia Accademia Mariana Internationalis (Santa Sede), prof. Fr. Stefano Cecchin, il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, Cons. Elisabetta Ceniccola, il sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Cons. Diana De Martino, il vice direttore generale della pubblica sicurezza S.E. Vittorio Rizzi, l’accademico pontificio presso la Pontificia Accademia Mariana Internationalis (Santa Sede), prof. P. Gian Matteo Roggio, l’accademico pontificio presso la Pontificia Accademia Mariana Internationalis (Santa Sede), dott. Fabio Iadeluca.

Potere e ricchezza oltre il valore della persona

Le attuali conoscenze non consentono una visione organica della condizione femminile all’interno delle strutture mafiose. C’è un dualismo nell’essere donna all’interno di queste realtà che da un lato le porta alla premiership, dall’altro una ribellione alla sovrastruttura mafiosa. Certo è che nelle organizzazioni la donna riveste un ruolo cardine perché garante dell’educazione dei figli secondo “modelli e valori” improntati alla sopraffazione insieme al controllo del territorio. Gestisce gli affari in situazioni di difficoltà; perciò, la sua centralità diventa complessa quando si tratta di scegliere forme di imparentamento tra famiglie. “L’adesione a legami parentali” ha sottolineato Margherita Cassano “è orientata alla ricerca del potere e ricchezza che va oltre il valore della persona”. Un’altra spiegazione è che le donne dei clan mafiosi non si sono mai dissociate dalla famiglia, è il caso di Giuseppina Pesce – collaboratrice di giustizia – che disconoscendo la nipote ha affermato il tradimento della stessa. Un fenomeno oscuro è la scelta di alcune donne – estranee all’ideologia mafiosa – di entrare nel sistema per ottenere il riconoscimento del potere sul territorio. Infine, c’è il tema delle varie modalità di comunicazione che raccontano prospettive nuove per raggiungere particolari forme di dissociazione.

Famiglia e ambiente falsa prospettiva del tessuto sociale

Le mafie sono organizzazioni poliedriche con stili e codici d’onore diversi. Esistono mafie autoctone presenti nei territori e relazionarsi con queste realtà sociali significa comprendere la natura del fenomeno e com’è organizzato. La famiglia e la società civile sono elementi da non trascurare; infatti, le organizzazioni sfruttano i rapporti socio-familiari per plasmare un’istituzione parallela creando una sovrapposizione dei piani. La società mafiosa è molto devota, ma ha una falsa prospettiva del tessuto sociale, della religione e dell’essere umano; una visione distorta per conquistare potere e controllo all’interno e all’esterno della famiglia. In tale condizione la donna diventa il motore del nucleo familiare come è il caso di Serafina Battaglia che negli anni ’60 – prima collaboratrice di giustizia – ha mostrato quale fosse la sua caratura. A seguito dell’uccisione del figlio Salvatore Lupo Leale, nel ‘62 decise di collaborare, diventando testimone implacabile in molti processi. In conclusione, il filo rosso che lega le storie di mafia è fornito da due elementi: da un lato il senso di solitudine delle donne che hanno scelto una vita diversa, dall’altro un sentimento di speranza dettato dalla capacità di ascolto delle forze dell’ordine. Complessivamente queste narrazioni richiamano al senso di responsabilità, al rispetto e all’ascolto per accompagnare queste vite e ristabilire la giusta armonia.

Percorso virtuoso alla ricerca di nuova armonia nelle relazioni umane

Le donne di mafia hanno seguito il percorso di emancipazione delle donne nella società ma in senso negativo, questa condizione si può leggere come un elemento di liberazione. All’interno della società criminale, piramidale e strutturata, l’emancipazione femminile ha mostrato la capacità di assumere ruoli maschili, manageriali e decisionali. Nella “scalata” al potere, le donne hanno beneficiato – rompendo il tetto di cristallo – di una maggiore scolarizzazione e ciò ha generato un salto di qualità perché oltre ad assumere i ruoli tradizionali dell’uomo, ha valorizzato il know-how acquisito per impiegarlo nell’organizzazione. Nel tempo le associazioni criminali hanno maturato destrezza ed intelligenza strategica: è negli anni ‘90 che si diffonde un ruolo inedito delle donne, da una parte l’uso disinvolto dei mezzi di comunicazione, dall’altra saper tessere rapporti con i “colletti bianchi” per godere di una qualche forma di impunità. Esistono elementi di rottura positivi e negativi nella tradizione mafiosa. Positivi perché in diversi casi si è verificata una lacerazione dei codici tradizionali all’organizzazione, è il caso di testimoni e collaboratrici di giustizia, mentre tra i fattori negativi c’è un uso crescente dei mezzi di comunicazione verso l’esterno. Ci sono donne che per “rompere” con i clan di appartenenza, hanno sentito il bisogno di avvicinarsi allo Stato per salvare i figli in un contesto in cui avrebbero percorso le orme del padre, del nonno e del fratello. Oggi alcune di loro hanno compreso che esiste una speranza e un esempio proviene dal programma dell’Associazione Libera con il progetto “Liberi di scegliere”. Il protocollo firmato a luglio del 2020 e guidato dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, Tribunale per i Minorenni, Procura per i Minorenni, Procura di Reggio Calabria e Procura Nazionale Antimafia e sostenuto dalla CEI, propone di accogliere donne e minori che vogliono uscire dal circuito mafioso e indica una rete di protezione per assicurare un’alternativa di vita ai minori e alle loro madri provenienti da famiglie mafiose.

Percezione quantitativa del fenomeno secondo il sesso

Vice direttore generale pubblica sicurezza e direttore centrale della polizia criminale, S.E. Vittorio Rizzi

L’evoluzione della donna nelle organizzazioni mafiose è multiforme perché richiama il suo ruolo nel crimine. Indagini quantitative provenienti dalla sociologia criminale hanno mostrato che rispetto alla popolazione maschile, l’incidenza femminile si attesta tra il 10 e 20%; range confermato da elaborazioni compiute negli ultimi tre anni. Le statistiche evidenziano che su 904 soggetti ammessi al programma di protezione, solo il 5% della popolazione maschile ha beneficiato del sistema di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. Un dato che fa riflettere riguarda una platea ristretta di testimoni di giustizia che su un campione di 57 individui, il 32% è costituito da donne appartenenti alla Ndrangheta, di cui 11 ritenute ad alto rischio. La presenza femminile è attiva anche nella criminalità informatica, dove le competenze in questo settore giocano un ruolo rilevante. Per concludere, uno studio sulle neuroscienze condotto dall’università di Harvard, ha restituito un’immagine di speranza di una società sempre meno violenta. Le ragioni del declino della violenza risiedono nelle istanze civilizzatrici della società (empatia, cultura, conoscenza, femminizzazione) che superano i demoni della coscienza umana: predazione, violenza e istinto di sopraffazione.

La Chiesa contrasta la criminalità e restituisce alla donna un’immagine nuova

A destra l’accademico pontificio alla Pontificia Accademia Mariana Internationalis, prof. P. Gian Matteo Roggio

È un fatto che alcune esperienze religiose – come quelle musulmane – lasciano la donna in condizione di inferiorità e alla mercè dell’uomo. Per molto tempo questa è stata la condizione femminile all’interno delle organizzazioni criminali. Il loro futuro era stabilito, un futuro che non guardava agli interessi della persona, ma agli interessi dell’organizzazione rispetto alla quale si trovava in uno status di minorità. Da questo punto di vista le religioni in parte hanno concorso a creare quell’humus culturale che ha permesso alle associazioni di disporre delle donne a loro piacimento. “Questa visione” ha chiarito Gian Matteo Roggio “sta cambiando e le religioni oggi sono sensibili alla materia; infatti, a settembre durante il VII Congresso dei leader delle religioni mondiali in Kazakhistan “è stato ribadito che il compito della Chiesa è contrastare i fenomeni criminali, mafiosi e terroristici”. La consapevolezza di combattere queste realtà con le armi “deboli” della cultura passa attraverso un’immagine nuova della donna: non più in condizione di minorità ma una persona che vive la vita in perfetta uguaglianza tra i sessi; questa è la “carta” che le religioni possono offrire per combattere le organizzazioni criminali, un servizio rivolto all’intera comunità cercando un comune luogo di collaborazione.

Cristina Montagni

Presentazione Primo Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

La violenza di genere regolata da convenzioni ONU e UE, con l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ratificata da 193 Stati delle Nazioni Unite, ribadisce l’impegno sul lavoro dignitoso, riduzione delle disuguaglianze, promozione della salute, benessere, eliminazione della violenza di genere e ogni forma di discriminazione. Per una sua piena applicazione è necessario accelerare su leggi, politiche, bilanci e istituzioni, per le quali si chiede un maggiore investimento sulle statistiche di genere poiché è disponibile meno della metà dei dati per monitorare il Goal 5.

Il 23 novembre presso la Camera dei deputati a Roma, l’associazione 6Libera.6come6 ha presentato il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro. Ad aprire il convegno l’onorevole Carolina Varchi, capo gruppo della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, la presidente dell’associazione 6Libera.6come6, avv. Dhebora Mirabelli e la criminologa Maria Pia Giulia Turiello, direttore del dipartimento Ricerca Business School Bocconi. Una giornata ricca di spunti accompagnata da magistrati e avvocati esperti che si sono confrontati con il mondo delle imprese per garantire alle vittime tutele, protezione ed affermare una cultura aziendale libera da discriminazioni, abusi, molestie e violenze.

Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

Un focus specifico nella giornata di studio per presentare il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro che avrà il compito di tracciare un percorso nazionale osservando il sistema normativo insieme a iniziative di prevenzione e contrasto. L’indagine predisposta per il contesto italiano indicherà strategie e politiche rispetto al fenomeno, segnalando necessità, best practice e proporre potenziamenti sulla materia. L’approccio metodologico si avvale di ricerche sul campo e studi provenienti dalla letteratura esistente. Un corpus di documenti costituito da trattati, convenzioni, dichiarazioni internazionali ed europee che delineano il fenomeno e indicano quali sono le tutele per lavoratrici e lavoratori. Esperti in materia analizzeranno rapporti e dati provenienti da organismi internazionali, sindacati, istituzioni e società civile, unitamente ai contratti nazionali di lavoro, accordi fra le parti sociali e datoriali e codici etici adottati dal settore privato. Un lavoro complesso in cui verrà esaminata l’impostazione penale ed amministrativa che regola il fenomeno italiano. Lo studio prevede iniziative di prevenzione definite dalle parti sociali, istituzioni e società civile, insieme a protocolli di intesa, documenti delle reti territoriali e regionali nelle aree metropolitane. Durante l’indagine saranno disposti gruppi di discussione con aziende e interviste ad hoc a figure del sistema sindacale, datoriale, istituzionale e della società civile. Le inchieste – di tipo qualitativo – avranno un approccio ricognitivo rispetto alle iniziative prese dagli organismi consultati per trarre raccomandazioni su aspetti normativi sociali e culturali.

Impatto economico causato dalla violenza di genere

Violenze sessuali e molestie incidono sulle vittime in termini di benessere, salute psico-fisica, dignità, autostima e lavoro. La regolarità degli atti persecutori impatta a livello fisico e psicologico attraverso sentimenti di paura, vergogna, rabbia, disperazione, ansia, depressione, sonno, etc. Questi avvenimenti provocano nella vittima stress post-traumatici, che sarebbe più esposta a comportamenti suicidari. Ci sono anche azioni che si manifestano con sistematicità; molestie sul lavoro all’interno del contesto aziendale o soggetti esterni all’impresa che incidono sulla salute e benessere di altri individui; testimoni, colleghi, pazienti e clienti, familiari e amici delle vittime. In generale questi indicatori provocano elevati costi sociali che pesano sulla collettività, sui bilanci delle aziende per potenziali assenze dei lavoratori, aumento del turnover del personale, incremento dei costi di reclutamento, formazione, reputation aziendale, crescita dei premi assicurativi e costi in consulenze mediche, spese per assistenza e prestazioni sociali dovute al pre-pensionamento.

Uniformità negli strumenti di prevenzione

Lacunoso sotto il profilo legale è il fenomeno della violenza di genere nel mondo del lavoro. La difficoltà risiede nell’assenza di una definizione universale che contempli aspetti e declinazioni. La legislazione internazionale (OIL Convenzione n. 190 e raccomandazione n. 206) stabilisce forme di protezione rispetto alle tipologie di molestie e violenze sul lavoro. Tuttavia, la mancanza di una visione comune suggerisce scarsa chiarezza rispetto all’identificazione del fenomeno e predisposizione di strumenti per la prevenzione e contrasto dello stesso. Poco studiati sono anche i comportamenti violenti che si manifestano sul lavoro come il bossing, bullismo e mobbing. La normativa contempla alcune tipologie di lavoratori; migranti, lavoratrici domestiche o stagionali, ma ignora una quota di lavori cosiddetti emergenti nati con la Gig economy (sistema basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo) che non solo produce lavoro povero ma concepisce forme di occupazione on demand dove i lavoratori sono senza garanzie e tutele sociali. Questo tipo di occupazione – precario, non controllato e mal retribuito – espone gli occupati ad elevati rischi di abuso e molestia.

Prevenzione, formazione e sensibilizzazione le parole chiave contro la violenza

Statistiche europee affermano che l’Italia è al decimo posto per denunce sulla violenza; solo una denuncia su dieci viene dichiarata, mentre i paesi del nord europa si attestano in cima alla classifica. La violenza, subita nei luoghi di lavoro, è dovuta a squilibri interni all’impresa – posizione dominante di un soggetto – dove la gerarchia nei rapporti di potere produce discriminazioni nei ruoli pubblici e privati. Studi epidemiologici indicano che oltre 200mila persone ogni anno si tolgono la vita per cause di lavoro e 1 persona su 5 compie questo gesto per la mancanza di occupazione. La probabilità di togliersi la vita è 3,5 volte più alta nelle donne e riconducibile a una rottura dell’equilibrio psicofisico della persona che nel tempo sviluppa risposte sul piano somatico e psicologico. La parola chiave per contrastare la violenza è prevenzione. Ma è necessario anche affiancare la denuncia in forma anonima e indicare la presenza di un responsabile in grado di fornire report aggiornati per monitorare comportamenti scorretti in azienda. In generale piccole e medie imprese pensano sia efficace definire linee guida, investire in formazione per prevenire azioni discriminatorie all’interno degli spazi di lavoro.

Indeterminatezza della norma

Un inasprimento della pena non conduce ad una riduzione del fenomeno criminale; è provato che nell’ipotesi in cui il legislatore sia intervenuto nell’acuire il regime sanzionatorio, i risultati non hanno prodotto le risposte sperate. Questa indeterminatezza pone questioni di carattere costituzionale; quindi, se l’obiettivo del legislatore era migliorarla, in realtà interventi successivi l’hanno depauperata. Con la legge 69 del 2019 (Codice Rosso) vi è stato il tentativo di codificare nuove fattispecie aumentando le pene, ma fenomeni come vittimizzazione secondaria, violenza assistita e atti persecutori in famiglia rappresentano un vero allarme sociale. In sintesi, tutti gli operatori del settore sono chiamati ad intervenire con investimenti in formazione per mitigare gli elevati costi sociali.

Educare alla non violenza è un esercizio che si impara in famiglia

Il codice rosso è “macchiato di sangue” perché le violenze sono perpetrate in vari contesti sociali. Il nostro paese è culturalmente impreparato nonostante la normativa sulle tutele e diritti soggettivi è definita da associazioni europee all’avanguardia, di fatto però mal applicata. La donna che denuncia va protetta in strutture adeguate e la Convenzione di Istanbul – ratificata dall’Italia nel 2013 – spiega che in assenza di una denuncia, la donna deve essere tutelata. In conclusione, la parola d’ordine è sensibilizzare per una rinascita culturale partendo dalla famiglia, luogo deputato alla crescita nel rispetto dei valori e della libertà.

Composizione Osservatorio Digitale Europeo

Comitato scientifico di coordinamento della ricerca: giuristi, imprenditori, esperti di relazioni sindacali, medici del lavoro e dirigenti ONU: giudice Valerio de Gioia; avv. Massimo Rossi, avv. Francesco Mazza, criminologa Antonella Formicola, avv. Massimo Oreste Finotto, On. Carolina Varchi, Prof. Sandro Calvani, presidente Società Italiana Medicina del Lavoro Giovanna Spatari, imprenditore Pierantonio Invernizzi, imprenditrice Giulia Giuffré, esperta relazioni sindacali Elisabetta Fugazza.

Esperti alla promozione per la diffusione della ricerca presso aziende italiane: dott. Carmelo Aristia, d.ssa Anna Sciortino, d.ssa Laura Piccolo, dott. Jonathan Morello Ritter, on. Giuseppe Catania, d.ssa Rosellina Amoroso.

Le ragioni della violenza e i condizionamenti psicologici nel nostro tempo

Per violenza si intende un atto commesso contro l’altrui volontà che si esprime in vari modi (abuso di potere, controllo, sopruso fisico-sessuale, psicologico, economico, plagio, minacce, umiliazione ed altro).

In Italia il 70% dei delitti commessi in famiglia coinvolgono la donna all’interno delle mura domestiche che subisce violenza fisica ed economica. Tuttavia, non sono solo le donne a patire soprusi e violenze, esiste una realtà poco narrata che attiene ai maltrattamenti nei confronti dei minori di genere maschile.

Di recente l’ISTAT ha comunicato che il 69% delle donne che si rivolge al numero verde 1522, dichiara di avere figli minori, di questi il 62% ha assistito alla violenza e il 18% sostiene di averla subita in prima persona. In generale il 97% delle violenze vengono commesse da uomini, contro l’85,4% dei casi di violenza maschile. Secondo i dati la molestia più diffusa è quella verbale, seguita da pedinamenti e molestie fisiche. L’ambiente domestico è poi il luogo in cui si svolgono la maggior parte dei maltrattamenti perlopiù ad opera di uomini che sfogano la rabbia fisicamente, mentre le donne tendono ad agire sulla psiche.

Contesto sociale di appartenenza 

Nel nostro contesto sociale la violenza affettiva ed emotiva è spesso nascosta, risiede nella relazione tra genitori e figli, nella vita domestica, nel lavoro, tra i due generi e può essere economica, ideologica ed etnica. La violenza non solo uccide l’altro ma si manifesta quando si usano parole mordaci, quando si compie un gesto per allontanare una persona, quando si obbedisce per paura. Come afferma il filosofo Jiddu Krishnamurti, la violenza non è solo strage organizzata in nome di Dio, della società o della patria, è più sottile e profonda. Odio e violenza, sostiene Andrea Zirilli, sono scelte facili perché fomentate da una rabbia difficile da domare. Chi è in errore, compensa con la violenza ciò che manca (Johann Wolfgang Goethe) ed è un metodo di lotta inferiore, brutale ed illusorio, fonte di debolezza in ragione di effimeri trionfi (Filippo Turati). La violenza, frutto della nostra epoca, può uccidere colui che stai odiando, ma non uccide l’odio (Martin Luther King).

Le radici della violenza

Le radici della violenza secondo Mahatma Gandhi sono la ricchezza senza lavoro, il piacere senza coscienza, la conoscenza senza carattere, il commercio senza etica, la scienza senza umanità, la politica senza principi. Ma è anche paura delle idee altrui e poca fiducia nelle proprie (Filippo Turati), è sintomo di impotenza (Anais Nin). Nella violenza dimentichiamo chi siamo (Mary McCarthy) e le persone sono indotte a credere che il dolore derivi dagli altri, quindi gli altri meritano di essere puniti (Marshall Rosenberg). “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi” disse Martin Luther King “è l’indifferenza dei buoni perché è il rifugio dell’incompetente e dell’incapace (Isaac Asimov) e mai può creare qualcosa di buono bensì solo distruzione (Benedetto Croce).

Rabbia e paura. Le connessioni cerebrali della violenza

La violenza è una patologia che danneggia coloro che ne fanno uso indipendentemente dalla causa, e se non viene compresa sfocia in guerra o follia (Sam Peckinpah). La rabbia e la paura sono presenti sia nell’aggressore che nella vittima con modalità diverse attivate dalle connessioni cerebrali. I circuiti neurali si attivano per proteggerci dalle minacce con l’attacco (rabbia), la fuga (paura), il freezing (panico) e perdurano nei secoli; di conseguenza il nostro cervello utilizza gli stessi circuiti neurali per processare le minacce fisiche, psicologiche, emotive e sociali. Recenti studi sulla neurobiologia e neuroscienze confermano che il cervello è motore dell’apprendimento sociale dell’uomo, possiede energia, plasticità ed è in grado di modificare nel tempo la funzionalità delle sue parti in quanto dalla nascita è predisposto per poter funzionare. Le esperienze vissute attraverso l’ambiente attivano le funzionalità grazie alle connessioni neurali che a loro volta determinano comportamenti nella relazione e nella comunicazione con il mondo esterno. I comportamenti sociali che si apprendono come imitazione-modellamento – localizzati nel lobo frontale inferiore sinistro della corteccia anteriore ed in alcune aree del lobo frontale – sono responsabili del controllo delle emozioni e dei comportamenti aggressivi.

In conclusione, tra tutte le emozioni vissute dall’uomo, rabbia e paura sono quelle che si alternano più facilmente come la felicità, tristezza, gioia e dolore.

Maria Zampiron

Psicologa-Psicoterapeuta

Ordine degli Psicologi della Regione Lazio

SETTIMANA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Ciclo di eventi in diretta streaming

Nella Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, la Regione Lazio dal 23 al 27 novembre ha messo in campo diverse iniziative di grande valore simbolico.

In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, la Regione Lazio ha organizzato un ricco programma di iniziative ed eventi di sensibilizzazione in modalità virtuale. Dal premio al ricordo di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, vittime del caso del Circeo, avvenuto nel 1975, all’iniziativa “Salute in rosa” per offrire un sostegno alle donne vittime di violenza nei pronto soccorso e negli ospedali del Lazio e altro ancora. Vista l’importanza dell’evento – dal 23 novembre sera al 27 novembre – per la prima volta il palazzo della Regione Lazio si tingerà di rosso per simboleggiare l’impegno per il contrasto alla violenza maschile sulle donne. Alla kermesse seguiranno testimonianze delle donne imprenditrici nel Lazio ed illustri interventi in videoconferenza. I saluti istituzionali saranno aperti da Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari Opportunità della Regione Lazio.

PROGRAMMA

Diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

Lunedì 23 novembre

Ore: 11.00

Conferenza stampa in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

SAVE

Servizio nazionale di prevenzione, raccolta dati e sostegno, psicologico e legale, per vittime di violenza e abusi nel mondo sportivo

Progetto di Assist Associazione Nazionale Atlete e Differenza Donna Ong promosso dalla Regione Lazio.

Programma

Elisa Ercoli – Presidente Differenza Donna Ong

Luisa Rizzitelli – Presidente Assist Associazione Nazionale Atlete

Giovanna Pugliese – Assessora al Turismo e alle Pari opportunità Regione Lazio

Saluto delle Campionesse Olimpiche – Antonella Bellutti, Martina Caironi e Josefa Idem

Martedì 24 novembre

Ore 11.00

Iniziativa rivolta alle scuole del Lazio che hanno aderito al PROGETTO IO NON ODIO

FATTI D’ODIO

Dove “fatti” sta per assuefatti e per le azioni che si compiono in nome di quell’assuefazione.

Maura Gancitano e Andrea Colamedici – TLON intervisteranno alcuni personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo per approfondire con loro cosa genera odio, dove affondano le radici del peggiore dei sentimenti e cosa si può fare per contrastarlo.

Saluti istituzionali

Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari Opportunità, Regione Lazio

Interventi:

Eleonora Mattia, Presidente Commissione Pari Opportunità della Regione Lazio

Milena Monteiro Duarte, sorella di Willy, 21enne ucciso lo scorso settembre a Colleferro

Fatti d’odio

Lorenzo Baglioni, musicista

Irene Facheris, parità in pillole

Emanuela Fanelli, attrice

Elena Favilli, scrittrice

Chiara Francini, attrice

Cathy La Torre, avvocata e attivista

Giacomo Mazzariol, scrittore, con Stefano Cipani, regista

Nicole Rossi, influencer

Paolo Ruffini, attore

Ore: 15.00

Conferenza stampa in diretta streaming su webtv.senato.it

“DALLA PARTE DELLE DONNE: IL RUOLO FONDAMENTALE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA

Iniziativa organizzata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Videomessaggio Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica

Introduce

Valeria Valente, Presidente Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Intervengono in videoconferenza

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei ministri

Elena Bonetti, Ministra per le pari opportunità e la famiglia

Collegamento con le sedi dei centri Antiviolenza:

“Maree” gestito dalla cooperativa Befree con la presenza dell’Assessora al Turismo e alle Pari opportunità della Regione Lazio, Giovanna Pugliese

“Casa internazionale dei diritti umani delle donne” gestito da Telefono Rosa con la presenza di una rappresentante del Comune di Roma e con le rappresentanti delle Reti dei centri antiviolenza: D.i.Re – Donne in rete contro la violenza; Casa internazionale delle donne di Roma; Differenza Donna; Pangea Rete Reama; UDI – Unione donne in Italia

Mercoledì 25 novembre

Per la prima volta il palazzo della Regione Lazio si tingerà di rosso, dal 23 novembre sera al 27 novembre, per simboleggiare l’impegno quotidiano per il contrasto della violenza maschile sulle donne.

Ore: 11.00

Conferenza stampa in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE

Giovanna Pugliese, Assessora al Turismo e alle Pari Opportunità, Regione Lazio

Eleonora Mattia, Presidente Commissione consiliare Pari Opportunità

Letture a cura di Eleonora Fanelli

Antonio Galletti, Presidente Ordine degli avvocati (in collegamento)

Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio

A seguire

Alice Pasquini, artista

INAUGURAZIONE PANCHINA ROSSA contro la violenza sulle donne personalizzata dall’artista Alice Pasquini. La panchina sarà intitolata a Donatella Colasanti e Rosaria Lopez e a tutte le donne vittime di violenza maschile

Giovedì 26 novembre

Ore: 11.00

Incontro in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

DONNA E IMPRESA

Libera di fare. Libera di essere. Riflessioni sull’imprenditorialità come strumento per superare situazioni di difficoltà in collaborazione con Global Thinking Foundation.

Modera Ilaria Corsi, Lazio Innova

Intervengono

Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari opportunità, Regione Lazio

Paolo Orneli, Assessore allo Sviluppo Economico, Commercio e Artigianato, Ricerca, Start-Up e Innovazione, Regione Lazio

Cecilia D’Elia, Presidente Cabina di Regia per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne

Marietta Tidei, Presidente Commissione Sviluppo economico e attività produttive Regione Lazio

Roberta Lombardi, Consigliera regionale Lazio

Maria Angela Ilari, Lazio Innova – Presentazione del progetto “Scelgo di essere. Libera!”

Claudia Segre, Presidente Global Thinking Foundation, partner del progetto “Scelgo di essere. Libera!”

Testimonianze delle donne imprenditrici nel Lazio e in Europa

Ginevra Bentivoglio, GB EditoriA

Ivana Pagliara, Promotuscia

Sonia Mascioli, Casa delle donne di Amatrice

Priscilla Contesini, Mensura

Linda De Luca, Imems Technology

Lisa Lang, ELEKTROCOUTURE (Portogallo)

Magda Rull, KYO FILMS (Spagna)

Odile Ehrbar, VAPODIL (Francia)

Ore: 17.00

Conferenza stampa in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

APERTURA CASA RIFUGIO NEL FRUSINATE

Intervengono

Enzo Salera, Sindaco di Cassino

Maria Concetta Tamburrini, Assessora Pubblica Istruzione, Turismo, Sport e Pari opportunità Comune di Cassino

Mauro Buschini, Presidente Consiglio regionale del Lazio

Sara Battisti, Consigliera regionale

Elisa Viscogliosi, Presidente Associazione Risorse Donna

Marta Bonafoni, Consigliera regionale

Una testimonianza

Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza, la Legalità e la Lotta alla Corruzione della Regione Lazio

Fiorenza Taricone, Consigliera provinciale di parità

Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari Opportunità Regione Lazio

Venerdì 27 novembre

Ore: 11.00

Incontro in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

CUCINA, UN’IMPRESA AL FEMMINILE

Modera

Luca Polizzano – Responsabile Spazio Attivo di Bracciano

Saluti istituzionali

Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari opportunità Regione Lazio

Enrica Onorati, Assessora Agricoltura, Promozione della Filiera e della Cultura del Cibo, Ambiente e Risorse Naturali Regione Lazio

Intervengono

Camilla Monteduro – Food concept designer, TV presenter

Iside De Cesare – Chef La Parolina ristorante stellato (Trevinano – VT)

Testimonianza femminile delle ragazze dell’Istituto Alberghiero di Vittorio di Ladispoli

Ricette proposte:

Iside – Coregone marinato con panna acida e salsa verde

Camilla -Pane con ricotta e glassa al miele nocciole e scarola

Iside e Camilla – Millefrolle

Ore: 17.00

Incontro in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

CON MARIA

In cammino con l’Arte, la Bellezza e la Cultura nel Lazio

Terza tappa del progetto speciale CON MARIA che mette in relazione tre percorsi, il primo di tipo spirituale, sulle tracce delle Madonne del Lazio, il secondo sulla parità di genere e sul ruolo delle donne nella società e infine un terzo sulla salute delle donne.

Presenta:

Serena Dandini

Saluti istituzionali

Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari Opportunità Regione Lazio

Alessandra Sartore, Assessora alla Programmazione economica, Bilancio, Demanio e Patrimonio Regione Lazio

Interventi

Sport

Antonella Bellutti, Campionessa olimpica

Attualità Covid

Maria Rosaria Capobianchi, Direttore Laboratorio di virologia – IRCCS Spallanzani

Arte

Francesca Cappelletti, Direttrice Galleria Borghese a Roma

Volontariato

Angela Caprio, Consigliera nazionale “La Misericordie”

Medicina di genere

Mariavita Ciccarone, Associazione Gemme Dormienti Onlus

Libri

Alicia Giménez Bartlett, scrittrice

Giustizia

Maria Monteleone, Sostituto procuratore a Roma e coordinatrice del pool che si occupa dei diritti dei minori

Università

Antonella Polimeni, Magnifica Rettrice dell’Università La Sapienza di Roma

Musica

Marina Rei

Teatro

Adel Tirant Imprenditoria culturale

Gemma Trevisani, Responsabile narrativa italiana Rizzoli

Da lunedì 23 a venerdì 27 dalle ore 16 alle ore 17

Talk in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Lazio

LE DONNE SI RACCONTANO

Talk in collaborazione con Wired, condotto da Chiara Oltolini, con 20 storie di donne che ogni giorno, attraverso il proprio impegno e la propria professione, si confrontano con la complessità dei nostri tempi e combattono la violenza maschile sulle donne, le discriminazioni e il gender gap

LUNEDÌ 23

Giovanna Pugliese, Assessora Turismo e Pari Opportunità Regione Lazio

Cathy La Torre, Attivista, avvocata specializzata in diritto antidiscriminatorio

Antonella Baccaro, Giornalista

Silvia Cutrera, Componente del direttivo AVI onlus (past-president Agenzia per la Vita Indipendente di Roma) componente della segreteria DPI (Disabled people International) e vice Presidente FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap)

MARTEDÌ 24

Tiziana Ronzio, Operatrice sanitaria, Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, fondatrice dell’associazione “Tor Più Bella” dedita alla riqualificazione strutturale e sociale del quartiere di Tor Bella Monaca a Roma

Paola Di Nicola, Magistrata e scrittrice

Eva Giovannini, Giornalista e inviata Rai

MERCOLEDÌ 25

Musica e parole contro la violenza sulle donne

GIOVEDÌ 26

Valentina Cardinali, Consigliera regionale di Parità

Valeria Giunta, Responsabile Federculture CGIL Roma e Lazio

Start up femminili – Scienza della Vita

Start up femminili – Moda

Giorgia Pontetti, Ferrari Farm

VENERDÌ 27

Donatella Di Pietrantonio, Scrittrice

Francesca Innocenti, Presidente Ass. Donna Lilith contro la violenza sulle donne

Flori Degrassi, Direttore Generale ASL Roma2

Arcangela Galluzzo Dirigente Area Pari Opportunità Regione Lazio

Cristina Montagni

#Iolochiedo. Il sesso senza consenso è stupro

L’8 luglio alla Casa del Cinema di Roma, è stata presentata la campagna #Iolochiedo in cui Amnesty International chiede al ministro della giustizia che la legislazione italiana si adegui agli standard internazionali, stipulati con la convenzione di Istanbul nel 2011.

#Iolochiedo campagna Amnesty

La campagna Amnesty lanciata in partnership con l’associazione Libere Sinergie ha l’obiettivo di diffondere sul territorio nazionale l’esposizione della mostra What Were You Wearing (Com’eri vestita?). La mostra narrata in cinque lingue ha riprodotto le storie di abusi con gli abiti che la vittima indossava al momento della violenza subita: un pigiama, dei jeans, un maglione collo alto, un vestito attillato e una gonna al ginocchio. L’idea è quella di smantellare il pregiudizio che la vittima avrebbe potuto evitare lo stupro se solo avesse indossato abiti meno provocanti.

L’appello di Amnesty International

La richiesta di Amnesty riguarda la modifica dell’articolo 609-bis del Codice penale affinché venga considerato reato qualsiasi atto sessuale non consensuale. La normativa italiana attualmente considera lo stupro un reato solamente nel caso in cui sussistano l’elemento della violenza, della minaccia, dell’inganno o dell’abuso di autorità e non nel caso di un “rapporto sessuale senza consenso”.

campagna AmnestyL’iniziativa #Iolochiedo intende rafforzare la consapevolezza nelle giovani generazioni sul tema dello stupro, sugli stereotipi di genere da combattere e chiarire il concetto del consenso. L’organizzazione internazionale chiede che alla modifica della norma del Codice penale che regola la violenza sessuale, siano messe in atto misure per promuovere la cultura del consenso come sinonimo di condivisione e rispetto. Per contrastare le violenze sessuali è necessario cambiare i comportamenti sociali basati sulla discriminazione di genere e sulle relazioni di potere di genere e contrastare la cosiddetta cultura dello stupro, intesa come normalizzazione della violenza sessuale. Lo stupro e i reati sessuali rappresentano una violazione dei diritti umani. Le vittime sono violate nel loro diritto alla vita, alla salute fisica e mentale, all’uguaglianza all’interno della famiglia o di fronte alla legge e si trovano spesso ad affrontare ostacoli nell’accesso alla giustizia. Per questo il diritto internazionale impone agli stati di attuare misure per proteggere le donne dalla violenza di genere, non solo con la tutela delle stesse, ma attraverso la condivisione di buone pratiche volte a trasformare leggi, politiche e atteggiamenti alla base dei crimini di violenza sessuale.

La coordinatrice delle campagne di Amnesty Italia, Tina Marinari, ha sottolineato che lItalia ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul nel settembre del 2012, il Parlamento l’ha ratificata nel 2013 ma la legislazione non è stata modificata secondo le direttive del documento. “A nostro avviso” ha spiegato “è importante completare questo passaggio perché il trattato di Istanbul rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne”.

Dati sulle vittime di abusi sessuali

I dati europei sulla violenza sono enormi. Si stima che 1 donna su 20 di età pari o superiore a 15 anni è stata stuprata, mentre 1 su 10 ha subito qualche altra forma di violenza sessuale. L’Istituto Centrale di statistica (Istat) nel 2019 ha rilevato che in Italia persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita per il modo di vestire (24% degli intervistati) o se sotto effetto di alcool e droghe (15%). Mentre il 39% degli intervistati ritiene che una donna sia sempre in grado di sottrarsi ad un rapporto sessuale se davvero non lo vuole.

Cristina Montagni

A BRACCIA APERTE. Iniziativa per gli orfani vittime di femminicidio

Con i bambini
L’Associazione Con i Bambini seleziona partenariati promossi da enti del Terzo settore per progettare interventi a sostegno degli orfani di vittime di crimini domestici e femminicidio. Le candidature potranno essere inviate online attraverso la piattaforma Chàiros su conibambini.org entro il 26 giugno 2020. La dotazione del bando messa a disposizione è 10 milioni di euro.

Con i Bambini

Finalità del progetto “A Braccia Aperte”

Si chiama “A braccia aperte” il settimo bando promosso dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile per sostenere interventi e partenariati qualificati a favore degli orfani di vittime di crimini domestici e femminicidio. La quota messa a disposizione ammonta a 10 milioni di euro, e la selezione è in funzione della qualità dei progetti che saranno elaborati.

I partenariati selezionati dall’Associazione verranno selezionati attraverso un bando che avrà il compito di promuovere interventi di presa in carico, formazione e inclusione socio-lavorativa dei minori e dei giovani divenuti orfani a seguito di crimini domestici. Gli interventi sono volti a sostenere anche le famiglie affidatarie e dei caregiver, ovvero chi si prende cura del minore nella gestione delle responsabilità affidategli e nell’accompagnamento dei ragazzi e delle ragazze, alla creazione o al potenziamento della rete degli attori che, a vario titolo, si occupano di loro.

L’iniziativa punta ad offrire un supporto specializzato in seguito all’evento traumatico, garantendone il graduale reinserimento sociale e la piena autonomia personale e lavorativa. Dopo aver individuato i partenariati, nella seconda fase i soggetti saranno chiamati a definire, mediante un lavoro di co-progettazione coordinato da Con i Bambini, un piano operativo degli interventi.

Una realtà fatta di numeri e di questioni legali

La realtà dei cosiddetti “orfani speciali”, figli di vittime di crimini domestici prevalentemente di genere femminile, è tanto complessa quanto ancora sommersa: non esistono stime ufficiali sull’effettivo numero di casi. Nei casi di femminicidio, perdono la madre in modo atroce (l’assassino 8 volte su 10 è il loro padre) e perdono anche la figura paterna. Gli studi dimostrano che le situazioni vissute hanno, sulle persone minorenni che diventano orfani a seguito di questi eventi, un impatto psicologico devastante e ciò si riflette inevitabilmente anche nella loro sfera relazionale e scolastica. A questa già delicata situazione si sommano le questioni giuridiche e gli aspetti legali, tra cui la decadenza della responsabilità genitoriale, l’affidamento del minore e la designazione del tutore.

Ad oggi la mancanza di dati esaustivi sul fenomeno non permette di quantificare adeguatamente i casi di orfani di crimini domestici né di definirne la diffusione territoriale, per cui una rilevazione puntuale in fase di co-progettazione sarà propedeutica a qualsiasi intervento insieme ad un’azione di formazione rivolta a tutti gli operatori socio sanitari, che sarà coordinata da Con i Bambini.

Chi può partecipare al bando

Il soggetto deve essere un ente di Terzo settore, appartenere al partenariato, oltre al mondo non profit e della scuola, anche quello delle istituzioni, dei sistemi di istruzione e formazione professionale, dell’università, della ricerca e il mondo delle imprese. Gli interessati potranno candidarsi on line tramite la piattaforma Chàiros su conibambini.org entro il 26 giugno 2020. Considerate le difficoltà della progettazione dovute alla necessità di mantenere le distanze sociali, Con i Bambini ha deciso di allungare i tempi di pubblicazione del bando e di prevedere, laddove necessario, proroghe alle scadenze già fissate.

Cristina Montagni

30 luglio, Giornata mondiale contro la tratta degli esseri umani

Ogni anno milioni di persone in tutto il mondo finiscono nelle mani dei trafficanti e vengono schiavizzate. Tutti i paesi del mondo sono interessati dal fenomeno della tratta come paesi d’origine, paesi di transito, o paesi di destinazione. 

La maggioranza delle vittime è utilizzata al solo sfruttamento sessuale ed il 35% delle vittime del lavoro forzato è costituito da donne. Il rapporto mondiale nel 2018 ha dimostrato che la proporzione delle persone trafficate all’interno del proprio paese è raddoppiato negli ultimi anni fino a raggiungere il 58% di tutte le persone rilevate.

Giornata mondiale tratta 2019

In occasione della Giornata mondiale, il 29 luglio a Ginevra, Maria Grazia Giammarinaro esperta di diritti delle Nazioni Unite, ha sollecitato gli Stati a compiere maggiori sforzi per garantire l’inclusione sociale dei sopravvissuti alla tratta. “Occorre un profondo cambiamento” ha spiegato la giudice “ed è fondamentale che gli Stati investano in soluzioni di lungo periodo per garantire procedure solide per consentire alle vittime di accedere alla giustizia incluso il risarcimento economico”. Un cambio di passo che può avvenire solo con profondi mutamenti in materia di migrazione e tratta. Politiche migratorie restrittive e xenofobe, criminalizzazione dei migranti, delle ONG e degli individui che offrono aiuti umanitari, sono incompatibili con azioni efficaci contro la tratta di esseri umani. “Ciò di cui abbiamo bisogno” ha commentato l’esperta “è un’immigrazione sicura, ordinata e regolare che includa l’integrazione sociale dei migranti comprese le donne che subiscono discriminazioni, violenze e sfruttamento insieme ai bambini vittime di abusi durante il viaggio quando viaggiano da soli. Politiche migratorie restrittive producono irregolarità, vulnerabilità e sfruttamento”. I sopravvissuti alla tratta, secondo la Giammarinaro, hanno bisogno di solidarietà e un ambiente sociale ed amichevole, un processo che richiede anche risorse finanziarie. In aggiunta oggi – ha continuato – il risarcimento alle vittime rimane una delle disposizioni meno attuate dal protocollo di Palermo soprattutto per i minori vittime di tratta. Il risarcimento comprende il ricongiungimento familiare e il ripristino del lavoro per le vittime che costituisce una forte componente preventiva che invita gli Stati ad affrontare le profonde cause della tratta. Occorre poi che gli Stati rimuovano gli ostacoli all’accesso alla giustizia per le vittime, conferendo lo status di residenza alle persone vittima di tratta assicurandosi che non siano detenuti o perseguiti per attività illegali in cui potrebbero essere stati coinvolti a causa del fenomeno. Un processo di empowerment per i sopravvissuti alla tratta richiede anche un progetto globale basato sull’istruzione e la formazione in grado di aprire nuove strade per acquisire competenze e opportunità di lavoro. Per le donne tale processo non dovrebbe essere creato su attività tradizionali basate sul genere, ma considerando soluzioni innovative in settori non tradizionali dell’istruzione e del lavoro. Un percorso che per le donne permette di riacquistare autostima e indipendenza in seguito alle gravi violazioni dei diritti umani.

Bio
Maria Grazia Giammarinaro (Italia) giudice dal 1991, è stata nominata relatrice speciale sulla tratta di persone, in particolare donne e bambini dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel giugno 2014. Il compito della giurista è promuovere la prevenzione della tratta di esseri umani in tutte le sue forme e incoraggiare misure per sostenere e proteggere i diritti delle vittime. Ha lavorato come giudice processuale presso il Tribunale penale di Roma dove attualmente è attiva presso il Tribunale civile di Roma. È stata rappresentante speciale e coordinatrice per la lotta alla tratta di esseri umani dell’OSCE e ha prestato servizio presso la direzione generale della Giustizia, della libertà e della sicurezza della Commissione europea a Bruxelles come responsabile della lotta alla tratta di esseri umani e sfruttamento sessuale dei bambini. La giudice ha scritto la Direttiva UE sulla prevenzione e la lotta alla tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.
Cristina Montagni
Giornata Mondiale contro la Tratta di Esseri Umani – messaggio della Relatrice Speciale Giammarinaro