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Presentazione Primo Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

La violenza di genere regolata da convenzioni ONU e UE, con l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ratificata da 193 Stati delle Nazioni Unite, ribadisce l’impegno sul lavoro dignitoso, riduzione delle disuguaglianze, promozione della salute, benessere, eliminazione della violenza di genere e ogni forma di discriminazione. Per una sua piena applicazione è necessario accelerare su leggi, politiche, bilanci e istituzioni, per le quali si chiede un maggiore investimento sulle statistiche di genere poiché è disponibile meno della metà dei dati per monitorare il Goal 5.

Il 23 novembre presso la Camera dei deputati a Roma, l’associazione 6Libera.6come6 ha presentato il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro. Ad aprire il convegno l’onorevole Carolina Varchi, capo gruppo della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, la presidente dell’associazione 6Libera.6come6, avv. Dhebora Mirabelli e la criminologa Maria Pia Giulia Turiello, direttore del dipartimento Ricerca Business School Bocconi. Una giornata ricca di spunti accompagnata da magistrati e avvocati esperti che si sono confrontati con il mondo delle imprese per garantire alle vittime tutele, protezione ed affermare una cultura aziendale libera da discriminazioni, abusi, molestie e violenze.

Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

Un focus specifico nella giornata di studio per presentare il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro che avrà il compito di tracciare un percorso nazionale osservando il sistema normativo insieme a iniziative di prevenzione e contrasto. L’indagine predisposta per il contesto italiano indicherà strategie e politiche rispetto al fenomeno, segnalando necessità, best practice e proporre potenziamenti sulla materia. L’approccio metodologico si avvale di ricerche sul campo e studi provenienti dalla letteratura esistente. Un corpus di documenti costituito da trattati, convenzioni, dichiarazioni internazionali ed europee che delineano il fenomeno e indicano quali sono le tutele per lavoratrici e lavoratori. Esperti in materia analizzeranno rapporti e dati provenienti da organismi internazionali, sindacati, istituzioni e società civile, unitamente ai contratti nazionali di lavoro, accordi fra le parti sociali e datoriali e codici etici adottati dal settore privato. Un lavoro complesso in cui verrà esaminata l’impostazione penale ed amministrativa che regola il fenomeno italiano. Lo studio prevede iniziative di prevenzione definite dalle parti sociali, istituzioni e società civile, insieme a protocolli di intesa, documenti delle reti territoriali e regionali nelle aree metropolitane. Durante l’indagine saranno disposti gruppi di discussione con aziende e interviste ad hoc a figure del sistema sindacale, datoriale, istituzionale e della società civile. Le inchieste – di tipo qualitativo – avranno un approccio ricognitivo rispetto alle iniziative prese dagli organismi consultati per trarre raccomandazioni su aspetti normativi sociali e culturali.

Impatto economico causato dalla violenza di genere

Violenze sessuali e molestie incidono sulle vittime in termini di benessere, salute psico-fisica, dignità, autostima e lavoro. La regolarità degli atti persecutori impatta a livello fisico e psicologico attraverso sentimenti di paura, vergogna, rabbia, disperazione, ansia, depressione, sonno, etc. Questi avvenimenti provocano nella vittima stress post-traumatici, che sarebbe più esposta a comportamenti suicidari. Ci sono anche azioni che si manifestano con sistematicità; molestie sul lavoro all’interno del contesto aziendale o soggetti esterni all’impresa che incidono sulla salute e benessere di altri individui; testimoni, colleghi, pazienti e clienti, familiari e amici delle vittime. In generale questi indicatori provocano elevati costi sociali che pesano sulla collettività, sui bilanci delle aziende per potenziali assenze dei lavoratori, aumento del turnover del personale, incremento dei costi di reclutamento, formazione, reputation aziendale, crescita dei premi assicurativi e costi in consulenze mediche, spese per assistenza e prestazioni sociali dovute al pre-pensionamento.

Uniformità negli strumenti di prevenzione

Lacunoso sotto il profilo legale è il fenomeno della violenza di genere nel mondo del lavoro. La difficoltà risiede nell’assenza di una definizione universale che contempli aspetti e declinazioni. La legislazione internazionale (OIL Convenzione n. 190 e raccomandazione n. 206) stabilisce forme di protezione rispetto alle tipologie di molestie e violenze sul lavoro. Tuttavia, la mancanza di una visione comune suggerisce scarsa chiarezza rispetto all’identificazione del fenomeno e predisposizione di strumenti per la prevenzione e contrasto dello stesso. Poco studiati sono anche i comportamenti violenti che si manifestano sul lavoro come il bossing, bullismo e mobbing. La normativa contempla alcune tipologie di lavoratori; migranti, lavoratrici domestiche o stagionali, ma ignora una quota di lavori cosiddetti emergenti nati con la Gig economy (sistema basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo) che non solo produce lavoro povero ma concepisce forme di occupazione on demand dove i lavoratori sono senza garanzie e tutele sociali. Questo tipo di occupazione – precario, non controllato e mal retribuito – espone gli occupati ad elevati rischi di abuso e molestia.

Prevenzione, formazione e sensibilizzazione le parole chiave contro la violenza

Statistiche europee affermano che l’Italia è al decimo posto per denunce sulla violenza; solo una denuncia su dieci viene dichiarata, mentre i paesi del nord europa si attestano in cima alla classifica. La violenza, subita nei luoghi di lavoro, è dovuta a squilibri interni all’impresa – posizione dominante di un soggetto – dove la gerarchia nei rapporti di potere produce discriminazioni nei ruoli pubblici e privati. Studi epidemiologici indicano che oltre 200mila persone ogni anno si tolgono la vita per cause di lavoro e 1 persona su 5 compie questo gesto per la mancanza di occupazione. La probabilità di togliersi la vita è 3,5 volte più alta nelle donne e riconducibile a una rottura dell’equilibrio psicofisico della persona che nel tempo sviluppa risposte sul piano somatico e psicologico. La parola chiave per contrastare la violenza è prevenzione. Ma è necessario anche affiancare la denuncia in forma anonima e indicare la presenza di un responsabile in grado di fornire report aggiornati per monitorare comportamenti scorretti in azienda. In generale piccole e medie imprese pensano sia efficace definire linee guida, investire in formazione per prevenire azioni discriminatorie all’interno degli spazi di lavoro.

Indeterminatezza della norma

Un inasprimento della pena non conduce ad una riduzione del fenomeno criminale; è provato che nell’ipotesi in cui il legislatore sia intervenuto nell’acuire il regime sanzionatorio, i risultati non hanno prodotto le risposte sperate. Questa indeterminatezza pone questioni di carattere costituzionale; quindi, se l’obiettivo del legislatore era migliorarla, in realtà interventi successivi l’hanno depauperata. Con la legge 69 del 2019 (Codice Rosso) vi è stato il tentativo di codificare nuove fattispecie aumentando le pene, ma fenomeni come vittimizzazione secondaria, violenza assistita e atti persecutori in famiglia rappresentano un vero allarme sociale. In sintesi, tutti gli operatori del settore sono chiamati ad intervenire con investimenti in formazione per mitigare gli elevati costi sociali.

Educare alla non violenza è un esercizio che si impara in famiglia

Il codice rosso è “macchiato di sangue” perché le violenze sono perpetrate in vari contesti sociali. Il nostro paese è culturalmente impreparato nonostante la normativa sulle tutele e diritti soggettivi è definita da associazioni europee all’avanguardia, di fatto però mal applicata. La donna che denuncia va protetta in strutture adeguate e la Convenzione di Istanbul – ratificata dall’Italia nel 2013 – spiega che in assenza di una denuncia, la donna deve essere tutelata. In conclusione, la parola d’ordine è sensibilizzare per una rinascita culturale partendo dalla famiglia, luogo deputato alla crescita nel rispetto dei valori e della libertà.

Composizione Osservatorio Digitale Europeo

Comitato scientifico di coordinamento della ricerca: giuristi, imprenditori, esperti di relazioni sindacali, medici del lavoro e dirigenti ONU: giudice Valerio de Gioia; avv. Massimo Rossi, avv. Francesco Mazza, criminologa Antonella Formicola, avv. Massimo Oreste Finotto, On. Carolina Varchi, Prof. Sandro Calvani, presidente Società Italiana Medicina del Lavoro Giovanna Spatari, imprenditore Pierantonio Invernizzi, imprenditrice Giulia Giuffré, esperta relazioni sindacali Elisabetta Fugazza.

Esperti alla promozione per la diffusione della ricerca presso aziende italiane: dott. Carmelo Aristia, d.ssa Anna Sciortino, d.ssa Laura Piccolo, dott. Jonathan Morello Ritter, on. Giuseppe Catania, d.ssa Rosellina Amoroso.

Autorità e protagonismo femminile: un percorso da reinterpretare. Conferenza a Roma su Donne di Governo – La novità storica

Se l’attuale legislatura ha riconosciuto una donna capo del Governo in Italia, occorre chiedersi se tale risultato produrrà un avanzamento dell’autorità delle donne. Questo il focus del convegno Donne di Governo – La novità storica. “L’avanzata dell’autorità delle donne” organizzato il 28 ottobre a Roma presso Palazzo Valentini insieme alla Scuola di Alta Formazione Donne di Governo con il patrocinio della Consigliera di Parità della Città metropolitana di Roma Capitale, Gianna Baldoni. Giunto alla quarta tappa di un ampio percorso nazionale, hanno partecipato all’evento, donne elette, donne a servizio della comunità che condividono responsabilità politiche e amministrative.

Conferenza Donne di Governo – La novità storica

Il convegno oltre a suggerire visioni concrete, ha raccolto i frutti espressi in Lombardia, Marche ed Emilia-Romagna cui hanno aderito oltre 190 donne impegnate in politica e nelle istituzioni per riaccendere un dialogo sul significato di come governare in libertà e in fedeltà al proprio sentire. Le riflessioni sono state affidate ad Annarosa Buttarelli e Luana Zanella, direttrice scientifica e alla presidente della Fondazione Scuola di Alta Formazione Donne di Governo che hanno dialogato con le partecipanti alla loro prima esperienza da elette.

Dalle donne una politica relazionale. Analizzare e saper leggere la realtà

La tappa romana non si è limitata a narrare il valore della presenza femminile ma rinnova il concetto di autorità radicato nella differenza delle donne. Il percorso – secondo le relatrici – deve essere intercettato in un momento storico dove occorre mantenere alta la rete delle relazioni che sostengono l’agire politico femminile nella convivenza. È determinante promuovere ciò che è stato seminato nel corso della storia per concretizzarsi nella capacità politica di pensare. L’Italia non può dimenticare che la carta delle donne è stata una tappa riconoscibile – distante dal significato di parità e quote – ma espressione di un sentimento di trasformazione; facoltà di analizzare e leggere la realtà. Questi passaggi genealogici sono inevitabili per recuperare e cogliere il protagonismo femminile, renderlo di qualità e far sì che diventi patrimonio comune con la prospettiva “di strappare il popolo dal populismo”. Per avviare la transizione serve una politica relazionale in grado di riconciliare il sentire popolare, dare voce a chi non ha voce, tenere uniti corpo e mente, sentimenti e vita quotidiana. Le donne nel loro DNA hanno la forza di creare nuove chance; riordinare le relazioni sociali, portare ad un altro livello il conflitto tra donne e uomini che non sia solo quello della gestione del potere.

Gianna Baldoni, Consigliera di parità Città metropolitana di Roma Capitale

Più impegno per i lavoratori della Città metropolitana di Roma Capitale

Un’attenzione particolare va restituita alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati nella Città Metropolitana poiché nel tempo l’interesse per questi lavoratori è diminuito dal lato amministrativo e personale. Secondo analisi condotte su scala nazionale dalla Fondazione, le sindache rappresentano il 33.2% sul totale di 2.659 persone e nella città metropolitana su 121 Comuni, solo 13 sono amministrate da donne. I dati mostrano che è necessario agire all’interno dei Comuni e per quanto attiene Roma occorrono interventi mirati alla formazione affinché le donne siano più presenti nel governo delle città. L’importanza delle funzioni che le donne rivestono nelle aree dell’amministrazione o ruoli politici è stato oggetto di studio dell’università di Boston dal quale si evince che le donne risultano meno corruttibili, più ponderate e perseveranti nel valutare i processi che sottostanno agli atti che riguardano i lavori pubblici. La ricerca ha indicato che il 22% delle donne con ruoli di rilievo, ha minore probabilità di essere indagata, abbassando il coefficiente di corruzione. Ciò mostra che le donne sanno gestire meglio le situazioni delicate oltre ad essere portatrici di valori quali la famiglia e cura dei figli.

Livia Turco, politica italiana

Decalogo del buon Governo

Le donne che ricoprono ruoli di potere devono rispondere a determinate regole per realizzare un buon governo. Livia Turco indica un decalogo, una “cassetta degli attrezzi” fatta di conoscenza del territorio in cui si vive, consapevolezza della carta delle donne, capacità di ascolto nella gestione dei tavoli di lavoro, autorevolezza, responsabilità nella scelta e rispetto dei tempi delle decisioni politiche in relazione alla vita delle persone. Essenziale è non delegare i procedimenti amministrativi agli uffici competenti, poiché ogni provvedimento deve essere accompagnato da valutazione e monitoraggio. Questa funzione spetta anche ai cittadini giacché essi non si limitano a conquistare le leggi ma hanno l’onere di verificare quanto viene applicato per restituire il risultato delle attività compiute. 

Un errore della politica non aver intercettato il bisogno delle donne

Dalle recenti elezioni è emersa una totale assenza sul tema di genere; infatti, una percentuale significativa di donne non è andata a votare, e nello spostamento dei flussi da sinistra a destra, sono emersi segmenti di società riconducibili anche al mondo della rappresentanza sindacale. Dei 18 milioni di persone che non hanno votato, c’erano precari, giovani, operai e fasce fragili della popolazione non intercettate dalla politica. Tra le cause della migrazione dei voti, sicuramente una comunicazione identitaria che ha riconosciuto nell’attuale premier una coerenza nelle azioni su più livelli. Un messaggio frutto di una decisione ponderata; segmentare la popolazione e incapacità di cavalcare il bisogno delle donne. Quest’ultima scelta si può cogliere negli investimenti dedicati alle infrastrutture all’interno del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che per le donne significa mancanza di servizi come asili nido, reti sociali, etc. In sintesi, è necessario adottare un meccanismo complesso partendo dalle esperienze personali per guardare al collettivo nella sua totalità. Politica, istituzioni, scuola e rappresentanza sindacale devono trovare lo slancio per stare insieme, fare rete attraverso la capacità di ascolto partendo dalle donne.

Elena Bonetti, deputata Camera dei deputati

Re-interpretare le regole come fu per le madri costituenti

Per Elena Bonetti bisogna riconoscere l’esistenza di regole obsolete nella gestione del potere e re-interpretare gli spazi per rendere competitivo l’esercizio dello stesso. Un altro modo è esercitare un ruolo che modifichi le regole del gioco – come fu per le madri costituenti – stabilendo un cambio di paradigma, trasformare il concetto di potere in concetto di potenza. Le funzioni delle donne devono essere riconosciute in tutte le specificità; capacità di attivare un’energia che altrimenti viene inespressa in una società dove esiste un elevato potenziale economico per competenza e talenti. Per una giusta rappresentanza è necessario attivare processi selettivi per uomini e donne, in grado di incidere in ambito pubblico, nelle aree regionali, nelle autorità di vigilanza per arrivare ai membri del parlamento. È inoltre indispensabile definire processi di partecipazione paritari in tutti i contesti democratici, al contrario si ripeterà un’inerzia storica in cui prevale il maschile sul femminile. Il precedente governo aveva introdotto la certificazione per la parità di genere, strumento volontario per le aziende in grado di promuovere la leadership femminile con il quale si offriva alle imprese vantaggi secondo un principio di premialità. L’impegno delle donne oltre ad essere a livello parlamentare, nella società civile e nell’amministrazione, deve orientarsi verso l’attivazione di processi di investimento per l’empowerment femminile che oltre ad essere un segno di giustizia è un atto di convenienza per l’intero Paese.

Cristina Montagni

Relatori alla conferenza Donne di Governo. La novità storica

Gianna Baldoni, Consigliera di parità della Città metropolitana di Roma Capitale, Tiziana Biolghini, Consigliera delegata alle pari opportunità di Città Metropolitana Roma Capitale, Svetlana Celli, Presidente Assemblea Capitolina, Lorenza Bonaccorsi, presidente primo municipio, referente Pari Opportunità di ALI, Tina Balì, Segretaria Nazionale FLAI CGIL, Elena Bonetti, deputata alla Camera dei deputati, Livia Turco, politica italiana. Per il gruppo di coordinamento della rete La novità storica, Donatella Albini, Alessia Cappello, Andrea Catizone, Maria Rosa Conti, Giovanna Piaia e Francesca Zajczyk.

Diritti delle ragazze dalla Piattaforma di Pechino alla parità. Dialogo con la Women Federation for World Peace e Ufficio del Parlamento Europeo in Italia

“Essere ragazze oggi: difficoltà ed opportunità”. E’ il tema della conferenza organizzata dalla Women Federation for World Peace insieme all’Ufficio del Parlamento Europeo in Italia per il 30esimo anniversario della federazione al fine di promuovere la cultura della pace valorizzando le peculiarità femminili e contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Nella Giornata Internazionale delle bambine e delle ragazze, l’evento del 13 ottobre a Roma ha sottolineato le difficoltà che le donne affrontano nel mondo nonostante le sfide e la confusione dei valori.

All’incontro hanno partecipato, Carlo Corazza, capo ufficio del Parlamento Europeo in Italia, Silvia Sticca, avvocata esperta in criminalità organizzata e vicepresidente Ass. 7Colonne, Virginia Vandini, presidente Ass. Il valore del femminile, Elena Centemero, Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, Barbara Schiavulli, direttrice di Radio Bullets, Maria Gabriella Mieli, vicepresidente WFWP Italia, Souad Sbai, presidente Acmid-Donna Onlus Ass. Donne marocchine, Maria Pia Turiello, criminologa forense ed Elisabetta Nistri, presidente WFWP Italia.

Giustizia, uguaglianza e libertà. Diritti ancora negati

Carlo Corazza, capo ufficio Parlamento Europeo in Italia

La dichiarazione di Pechino del 1995 fissa le regole in tema di diritti delle ragazze, successivamente il 19 dicembre 2011 l’Assemblea delle Nazioni Unite adotta la risoluzione 66/170 che stabilisce l’11 ottobre la Giornata Internazionale delle Bambine con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione ad una maggiore consapevolezza sulle sfide che affrontano nel riconoscere i propri diritti. Molte ragazze nel mondo sono vittime di stereotipi ed esclusione, alcune vivono in condizioni di disabilità ed emarginazione nonostante l’impegno ad abbattere le barriere per raggiungere la parità di genere ed un futuro migliore. La conquista dell’uguaglianza, libertà ed emancipazione rientra nei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; solo garantendo tali diritti le ragazze potranno acquisire giustizia ed inclusione, un’economia equa e un futuro condiviso.

Sfruttamento e abusi sulle donne. Quali strategie contro le discriminazioni

La vita delle donne in alcune aree della terra è critica perché legata a fenomeni di sfruttamento e abusi. Il richiamo alla giornata internazionale nasce dalla consapevolezza che occorre proteggerle sin dall’infanzia per tutelarle da ogni forma di discriminazione. Questo assioma – recepito dalle Nazioni Unite – viene ricordato ogni anno dagli Stati perché portatore di un forte messaggio di sensibilizzazione. All’interno della Convenzione di Pechino è presente un capitolo che riguarda le bambine considerandole un valore strategico ai fini dell’integrazione, emancipazione, sviluppo economico-sociale, istruzione e salute delle donne. Inoltre, è attivo un comitato Onu che esamina i progressi compiuti dagli Stati sull’attuazione dei diritti dei minori, l’Italia produce report che vanno nella stessa direzione e l’Europa si impegna ad indicare direttive strategiche per rafforzare l’attuazione degli stessi.

Dipendenza dai social. Adolescenti privi di interessi fuori dalla realtà virtuale

Nel 2021 è stato osservato il tema delle fake news intervistando 26mila adolescenti provenienti da vari paesi dove è emersa la difficoltà di distinguere informazioni vere da quelle false provenienti dalla rete. La complessità del tema ha portato alla luce problemi di salute mentale, sconforto e bassa autostima. La materia relativa ai social interessa soprattutto giovani; infatti, nel 2022 sono emerse situazioni allarmanti dove in futuro sarà necessario intervenire con strumenti legislativi dedicati prendendo come esempio le linee adottate dalla Norvegia e Inghilterra. L’indagine ha mostrato che l’85% delle ragazze tra i 12 e 16 anni utilizza filtri o schermi per modificare i tratti del viso, cambiare identità e pubblicizzare un’immagine distorta che provoca azioni perverse intorno alle quali è difficile sottrarsi a meccanismi distruttivi. Questi fenomeni provocano una forte de-realizzazione e de-socializzazione che tende a separare il proprio io dalla realtà, compromettendo le relazioni personali come l’incapacità di coltivare i propri interessi al di fuori della realtà virtuale.

Bassi livelli di scolarizzazione danneggiano salute e autoimprenditorialità    

Secondo stime Unicef, l’analfabetismo nel mondo si attesta a 132milioni di ragazzi; 35milioni non frequentano le scuole elementari e 97milioni le medie. Questi dati raccontano che i giovani costretti a vivere situazioni di conflitto, spesso sono esclusi dal sistema educativo. L’Unicef ricorda che dei 781milioni di analfabeti nel mondo, 2/3 sono donne che vivono in regioni rurali dove le famiglie tradizionali isolano le figlie per destinarle ad un matrimonio precoce, contribuendo a mantenere basso il livello d’istruzione, peggiorando le condizioni di salute e quella dei figli che nasceranno malnutriti. L’istruzione incide inoltre sulla capacità delle donne di intraprendere una propria attività; la scuola, quindi, oltre ad essere un luogo sicuro, protegge dalla violenza e dalle mutilazioni genitali femminili.

L’Italia cresce con patti educativi di comunità

In Italia secondo rapporti Istat, Eurostat ed OCSE, emerge che il 49% delle donne possiede il diploma e il 29% consegue un titolo accademico. Quest’ultimo dato però non produce effetti positivi sull’occupazione perché le ragazze non sono indirizzate alle materie STEM (settori ad alto valore professionale) in grado di generare nel tempo maggior reddito. Le ragazze che frequentano facoltà non scientifiche avranno un futuro più incerto, lavori intermittenti, part-time, basse retribuzioni che andranno ad incidere sulle pensioni future. Il ministero dell’istruzione italiano deve quindi adottare una visione sistemica; mettere in atto patti educativi di comunità, co-progettazione tra scuole, enti locali, associazioni del terzo settore al fine di coinvolgere studenti e docenti per una buona pratica educativa.

I social non vanno demonizzati

Attualmente possiamo acquisire informazioni da diverse parti nel mondo grazie alla rete. Si pensi ad esempio alla situazione delle iraniane che convintamente stanno protestando per raggiungere una libertà oramai compressa da anni. La rete è un “veicolo” potente che offre la possibilità di interfacciarsi con il mondo, inviare richieste di aiuto, documentare con immagini e video una realtà spesso distorta o mistificata dalla propaganda. Questo è il lato positivo dell’informazione che denuncia fatti in violazione dei diritti umani. La giornalista Barbara Schiavulli di Radio Bullet – esperta di conflitti di guerra, esteri e diritti umani – ha raccontato attraverso esperienze sul campo, storie di donne e ragazze private dei diritti più elementari, storie dove l’apartheid di genere è diffuso, dove la soglia di povertà raggiunge il 98% e ogni diritto è calpestato: divieto di cantare, indossare un profumo, scegliere il marito, lavorare, etc. Queste donne, afferma Schiavulli, costrette a vendere i propri figli per pagare l’affitto di casa, mangiare e sopravvivere, meritano giustizia e dignità.

Violenza assistita subita dai minori

Maria Pia Turiello, criminologa forense

Esistono diverse tipologie di violenza che si manifestano all’interno della famiglia, una riguarda il maltrattamento dei minori che può essere fisico, psicologico e sessuale. C’è anche la violenza assistita che obbliga i bambini ad assistere ai maltrattamenti; atti di violenza fisica, verbale e psicologica che subisce la donna all’interno delle mura domestiche. Questo fenomeno – spesso sommerso – riguarda il 19% dei minori maltrattati che vengono successivamente presi in carico dai servizi sociali. Nel 2011 la Convenzione di Istanbul definiva a livello internazionale un ampio quadro giuridico al fine di proteggere le donne da ogni forma di maltrattamento, dove veniva riconosciuto che anche i bambini sono vittime di violenza domestica perché testimoni all’interno della famiglia. Nonostante ciò, queste leggi non vengono mai prese in considerazione. È vero che i figli non sono direttamente interessati, ma assistere ad atti violenti nei confronti di un genitore produce gravi conseguenze psicologiche, compromette lo sviluppo del minore, conduce a disturbi alimentari e talvolta il suicidio. I ragazzi crescendo diventeranno violenti e avranno relazioni malate dove l’unico sentimento che riconoscono è la forza che diventerà normalità.

Mission della WFWP Italia

Elisabetta Nistri, presidente WFWP Italia

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres durante la Giornata Internazionale delle bambine e delle ragazze ha dichiarato: “Ora più che mai dobbiamo rinnovare il nostro impegno a lavorare affinché le ragazze esercitino i loro diritti e possano svolgere un ruolo pieno ed eguale nelle loro comunità e società. Investire nelle ragazze significa investire nel nostro futuro comune”. Gli investimenti nei diritti delle ragazze sono ancora limitati ed esse continuano ad affrontare sfide per realizzare il loro potenziale aggravato dai cambiamenti climatici, pandemie, conflitti per una migliore istruzione, benessere fisico-mentale e una vita senza violenza. La federazione WFWP Italia ha come obiettivo principale restituire centralità agli individui, lavorare sulle relazioni, dare potere alle donne attraverso l’istruzione, creare un ambiente di pace e benessere per le persone di tutte le razze, culture e credi religiosi. Numerosi sono i progetti realizzati negli anni grazie ai gemellaggi con scuole straniere ed ambasciate insieme al sostegno di esperti ed ambasciatori di pace per coordinare programmi educativi in Italia e all’estero centrati sull’adolescenza. Infine, oggi è più che mai necessario stringere rapporti e legami duraturi con i governi affinché ciò che è stato siglato venga approvato ed ovunque applicato.

Cristina Montagni

Donne nella diplomazia internazionale per sostenere percorsi di Pace. Intervista a Elisabetta Nistri Presidente di WFWP International Italia

Cercare la Pace è responsabilità di tutti, ma senza l’impegno diplomatico delle donne, ogni tentativo di mediazione vanifica gli obiettivi primari nel rispetto dei Diritti Umani per tutti, incluso donne e ragazze. Women For Women Italy ha intervistato in esclusiva la Presidente della Federazione WFWP International Italia Elisabetta Nistri per analizzare il contributo delle donne ai processi di pace, prevenzione e conflitti negli scenari internazionali.

Il valore femminile è determinante per raggiungere la Pace e la Sicurezza nel mondo. La Presidente Elisabetta Nistri racconta alcune esperienze di donne che sono riuscite a portare il loro sostegno nei consessi nazionali ed internazionali con una ricaduta positiva su altre popolazioni femminili inserite in contesti disagiati del mondo.

Elisabetta Nistri, Presidente WFWP International Italia

Presidente Nistri quando è nata la Federazione e qual è il suo impegno all’interno della Women’s Federation For World Peace International?

Sono presidente della Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo in Italia dal 2012 che fa parte della WFWP International, Organizzazione non Governativa presso la Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite oltre ad essere affiliata al Dipartimento di Informazione Pubblica. Dal 1997 l’Organizzazione ha ottenuto questo status e in seguito le è sempre stato confermato grazie ad una rete di attività locali e internazionali che interessa oltre 130 nazioni. La WFWP sostiene con determinazione gli obiettivi dell’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Chi sono i fondatori e qual è il sentimento della WFWP nel rivolgersi al mondo?

L’Organizzazione nasce in Corea nel 1992 per volere dei coniugi Moon, successivamente la WFWP ha sensibilizzato le donne di tutto il mondo perseguendo la pace e facendo appello alle particolari doti femminili; perdono, resilienza, empatia, riconciliazione e attenzione ai bisogni di ognuno. La Pace – secondo i Moon – non deve intendersi come assenza di guerra ma capace di influenzare lo stato d’animo delle persone attraverso la costruzione della famiglia, allargando la visione alle relazioni sociali per aprirsi all’intera struttura sociale. Questi valori sono importanti, solo così i cittadini vedono rispettati i propri diritti e si impegnano ad adempiere ai propri doveri.

Durante il suo lavoro ha incontrato donne impegnate nel promuovere la Pace?

Durante la mia attività ho incontrato donne che hanno fatto la differenza, ma lungo il percorso mi sono resa conto dei numerosi ostacoli; dalla partecipazione alla vita pubblica, all’ottenimento del rispetto degli stessi diritti umani che conosciamo come Diritti dell’Uomo. 

Quanto il lavoro delle donne contribuisce alla risoluzione dei conflitti?

È statisticamente dimostrato che la partecipazione delle donne ai tavoli di pace aumenta del 25% la probabilità di una soluzione diplomatica e pacifica del conflitto tra le parti. Purtroppo non è facile, anzi proprio dove ci sarebbe più bisogno della presenza femminile questa viene ostacolata, basta pensare alla Birmania e a quello che sta accadendo in quel paese. In genere, per loro natura – uomini e donne – ragionano in modo diverso: per l’uomo la soluzione di un conflitto si ottiene quando una parte vince sull’altra ed il nemico viene annientato. Mentre la donna per arrivare alla risoluzione del problema cerca il dialogo su un terreno comune, un accordo che porti beneficio ad entrambi le parti in causa. Su questa base c’è interesse a mantenere l’accordo di pace e con il tempo è possibile sciogliere il risentimento e il dolore che la guerra o il conflitto ha arrecato a tutti i popoli coinvolti, sia esso oppresso che oppressore.

Quali sono i problemi urgenti che affliggono le donne e ragazze che vivono in Paesi nei quali vengono violati i diritti fondamentali?

Accennerò ad uno dei tanti problemi, cioè la possibilità di accesso all’educazione per bambini e bambine, ma sappiamo che le bambine sono più penalizzate. Le faccio un esempio e riguarda l’educazione delle donne in Afganistan. Per diverso tempo la WFWP International ha lavorato nel paese finché è stato possibile per contribuire all’educazione, attualmente sosteniamo una scuola in India che accoglie le ragazze profughe offrendo loro istruzione. Attualmente grazie ad una rete di contatti in Afghanistan sappiamo cosa sta succedendo infatti molte donne non lottano più per avere la parità dei diritti dell’uomo, ma scendono in piazza solo per rivendicare un lavoro e portare a casa qualcosa per sfamare i propri figli. Abbiamo poi sostenuto con una donazione la giornalista Barbara Schiavulli di Radio Bullet che si è recata sul posto per una missione umanitaria. Poi anche la storia di Aziz lasciata dal marito con 3 figli di cui la più grande era stata rapita dai Talebani e mai più tornata a casa. Il cognato le chiedeva la figlia di 3 anni per saldare il debito dell’affitto della casa ma grazie al nostro intervento abbiamo evitato che ciò accadesse, ora è entrata in un percorso di protezione. Altra emergenza riguarda la condizione sanitaria – precaria per tutti – ma insostenibile per le donne che possono essere visitate solo da medici donna che non hanno accesso agli studi e possono ricevere lezioni solo da una donna. Le donne rischiano costantemente la vita per partorire o per una banale influenza. C’è però un esempio positivo che desidero raccontare e riguarda la storia di SAKENA IACOOBY che dopo essersi laureata in America è tornata in Afghanistan nel 1995 per aprire scuole che accogliessero bambini e bambine. Quando è stato vietato alle bambine di andare a scuola, lei si recava nelle case delle famiglie per insegnare alle bambine, più tardi ha fondato the AFGHAN Institute of learning, che comprende scuole, ospedali e centri di rifugio per ragazzi e ragazze soli. Per il suo impegno ha ricevuto numerosi premi a livello internazionale, tra cui il SUN HAK PEACE PRIZE, premio concesso dalla Dott.ssa Moon alle persone che si sono distinte per il loro impegno per la pace, scelte da una selezionata giuria.  “Sono convinta che l’istruzione è la chiave per sbloccare il potenziale umano, ma può funzionare solo se le persone sono sane, l’economia è stabile e il paese è sicuro”.

Quali sono le attività future della WFWP per garantire protezione, educazione a bambini e bambine afgane?

La nostra preoccupazione riguarda la condizione delle donne e dei bambini, per questo insieme all’ufficio WFWP a Vienna e il supporto del team YOUTH WFWP è stata definita una dichiarazione scritta, presentata e accolta ad agosto 2021 dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e dalla sezione speciale sull’Afghanistan. I principali contenuti della dichiarazione sono i seguenti:

Esortiamo tutti gli stati membri a insistere costantemente sul diritto fondamentale ad avere una istruzione di qualità per tutti (bambini e bambine) ed inoltre si chiede che venga garantita la protezione degli educatori e degli istituti educativi (è un fatto che le bandiere e le regole talebane vengono imposte alle istituzioni educative, creando un’atmosfera di paura, trauma e sfiducia che può portare alla radicalizzazione di giovani e bambini).

Cosa sono i bridge of peace?

La WFWP è animata dal desiderio di abbattere le barriere, per questo realizza Cerimonie di Gemellaggio, come “Ponti di pace e riconciliazione” tra donne appartenenti a paesi nemici o comunità etniche e religiose che magari vivono fianco a fianco all’interno di una nazione spesso in conflitto tra loro! A Padova 2018 per il centenario fine Prima guerra mondiale, tra donne italiane, slovene e austriache e in Medio Oriente tra donne ebree, musulmane.

Lo spirito è creare una rete tra leadership femminili improntata alla pace e, l’ufficio della WFWP Int. alle ONU a Ginevra, ha promosso attività con l’Associazione First Ladies for Peace, che coinvolge past, present first ladies e donne leader tra cui l’On. Emanuela Del Re, rappresentante dell’Unione europea per il SAHEL che ha partecipato lo scorso anno al convegno “il ruolo delle donne nella diplomazia internazionale” e parteciperà il prossimo 15 settembre al convegno Europeo “il contributo che le donne stanno portando ai processi di pace, prevenzione dei conflitti e sicurezza”. Infine, la dott.ssa Moon in collaborazione con altre organizzazioni per la pace, sta lavorando per promuovere la riunificazione della Corea, attraverso la creazione di un THINK THANK di esperti e leader politici mondiali, e altre iniziative, tra cui la Peace Road, evento svolto a Berlino a fine luglio, per ribadire il NO ALLA GUERRA e scongiurare che NUOVI MURI vengano costruiti in Europa. Io stessa ho portato il messaggio della WFWP davanti alla porta di Brandeburgo e nella manifestazione davanti al Parlamento tedesco.

Cristina Montagni

A Roma la Corte Suprema di Cassazione apre alla I° Conferenza Nazionale su “L’Eccellenza è Donna”

Storie di donne eccellenti, esperienze uniche, insieme per arrivare all’equilibrio di genere che non è la quota, né la parità salariale ma interessa temi più ampi che investono l’intera società. Così l’Alta Corte di Cassazione di Roma, il 30 giugno per la prima volta ha aperto le porte alla I° Conferenza Nazionale sul tema “L’Eccellenza è donna”.

Corte Suprema di Cassazione – I° Conferenza Nazionale su “L’ECCELLENZA E’ DONNA”

Il talk diviso in tre panel, organizzato dall’Associazione 7 Colonne e Tutti Europa 2030, grazie all’intuito delle organizzatrici, Silvia Sticca e Francesca Romana D’Antuono, hanno indicato le strategie per realizzare l’equilibrio di genere e il valore della lobby per tradurre le istanze femminili in linguaggio politico con azioni di pressione sulle istituzioni. Dal focus “Esperienze” sono emerse le qualità femminili per raggiungere traguardi spesso privilegio degli uomini. Nel panel “Donne, Pace e sicurezza” le oratrici hanno conversato sul ruolo di leader nelle comunità e in “Associazione ed attivismo” è emersa la spinta dal basso delle associazioni per ottenere la parità di genere. Il fil rouge di rappresentanti del mondo accademico, giurisprudenza, pubblica amministrazione ed economia è stato il target 5 dell’Agenda ONU e la Risoluzione n. 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su “Donne, Pace e sicurezza”, che ha sottolineato la capacità di essere “agenti di cambiamento” nei processi di pace nelle aree di conflitto (missioni internazionali, mediazione, negoziazione, costruttrici di pace) e leader indiscusse nella scena pubblica.

Il faticoso cammino delle donne divise fra stereotipi e carriere eccellenti

Essere donna e giudice fa la differenza in senso positivo, ma in passato i traguardi professionali erano subordinati agli impegni familiari soprattutto in tempi dove esistevano marcate asimmetrie di trattamento, senza dimenticare che nel diritto di famiglia vi erano disparità tra moglie e marito, figli illegittimi e naturali, coniugi e conviventi. L’emancipazione passa per la capacità di mediare situazioni ostili e consente ai giudici di assolvere al ruolo fisiologico di mediatori, tra astrattezza, semplificazione e complessità per raggiungere un risultato favorevole. Gli ostacoli nella carriera nascono dalla mancanza di servizi a supporto della famiglia, occorre uscire dagli schemi, fare squadra per conquistare il giusto posto nella società. Attualmente stereotipi nei settori della scienza e ricerca sono evidenti, ma le donne che ce l’hanno fatta possono dedicarsi al mentoring, affiancare le giovani studiose nel trasferire consigli, informazioni ed esperienze. Un rapporto che non termina con l’apprendimento ma dura nel tempo soprattutto per chi è orientato alla ricerca. In questo contesto pregiudizi e stereotipi vanno superati soprattutto se si guarda alla carriera forense il cui gap uomo-donna tocca il 50%. Per agevolare le pari opportunità bisogna sostenere la maternità in un’ottica sistemica, incidere sulle competenze ed occupare spazi a lungo negati.

A sinistra Drssa Maria Pia Turiello, al centro Drssa Elisabetta Nistri, a destra Drssa Asmae Dacian

Diplomatiche e costruttrici di pace e stabilità

Nell’attuale contesto storico è necessario far fronte alle crisi internazionali e riflettere sul peso delle donne nei processi di pace. Tema nodale cui è impegnata la comunità internazionale; dalle Nazioni Unite alle organizzazioni regionali, dai singoli Stati alla società civile. Davanti al cambiamento le donne mostrano sensibilità nell’affrontare situazioni avverse, una naturale capacità di resilienza rispetto agli eventi traumatici; la forza di ricostruire sé stesse, la propria famiglia, la comunità di appartenenza partendo dalle radici per crescere e generare vitalità. Nel mondo le donne sono protagoniste nei processi di ricostruzione per evitare i conflitti, risorsa determinante per garantire pace e sicurezza nelle fasi di prevenzione e ricostruzione negli eventi post bellici. La presenza femminile nei processi decisionali è risolutiva nell’attuare soluzioni diplomatiche di lungo periodo soprattutto nelle aree di maggiore instabilità; perciò, stimolare la loro leadership significa andare oltre la parità di genere. Più donne vengono coinvolte in Parlamento e nella società civile, minori sono i livelli di violenza e rischi di guerre con la conseguenza di un calo nelle violazioni dei diritti umani in Paesi in cui la legge non è uguale per tutti.

Donne offese e depredate dei diritti fondamentali

Per comprendere la genesi dei conflitti occorre analizzare le radici del fenomeno e cosa ne ha impedito il naturale processo di dialogo. Nel mondo le ostilità sono quasi sempre asimmetriche; si consumano a scapito delle popolazioni deboli e in aree dove esiste già una violazione dei diritti umani. Le donne private dei principali diritti, istruzione, salute fisica e psichica, lavoro, casa etc pagano un alto prezzo in termini di abusi, matrimoni precoci, privazioni e vessazioni anche dalla famiglia di origine. Sostenere la pace è uno status in cui ogni cittadino si impegna a rispondere ai propri doveri e vedere riconosciuti i propri diritti iniziando dalle relazioni sociali, famiglia e accesso all’educazione. Quest’ultima condizione consente a bambini e bambine di comprendere i valori umani quali rispetto e dignità degli individui. Si pensi alle violenze subite da migliaia di donne e ragazze afgane cui viene negato l’accesso all’educazione, al lavoro, alle cure sanitarie condizionando la loro intera esistenza.

Avv. Silvia Sticca, Vice Presidente Associazione 7 colonne

La doppia faccia del diritto negli scenari di guerra

Spesso si afferma che nei Paesi in via di sviluppo le guerre sono combattute con le armi mentre in quelli sviluppati sono accompagnate da leggi ingiuste, sistemi sociali iniqui che terminano in una marcata violazione dei diritti fondamentali. Durante i conflitti i diritti sono apertamente violati, ed è proprio in Europa che il diritto ha subito nella collettività mutamenti socio-economici attraversati dalle globalizzazioni. All’interno di questi scenari si insinua la guerra normativa, una guerra che impiega la legge come arma per raggiungere scopi illegittimi, sfocia in mutamenti psicologici ed un uso arbitrario del diritto che illegalmente si sostituisce ai giudici e ai tribunali. Sebbene in questi ultimi trent’anni si è discusso di una guerra economica, poco si è parlato di quella normativa che ha prodotto un corredo legale impiegato da Stati, privati e settori pubblici per realizzare protocolli di intesa, accordi e regolamenti e consolidare posizioni strategiche sul mercato globale. Queste analisi derivanti dalla guerra normativa, non possono non affiancarsi a quelle giuridiche. Alcuni Paesi, infatti, per contrastare l’abuso del diritto hanno adottato norme ad hoc per tutelare importanti comparti strategici sviluppando una propria politica estera, mentre quelli che hanno abbattuto le barriere legali – per poi accorgersi dell’inefficacia delle leggi nazionali – hanno compromesso la propria autonomia, l’industria strategica, la stabilità interna e l’intero sistema democratico.

Cristina Montagni

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE  DI ROMA - I° CONFERENZA NAZIONALE “L’ECCELLENZA E' DONNA”

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE DI ROMA – I° CONFERENZA NAZIONALE “L’ECCELLENZA E’ DONNA”

Alla conferenza sono intervenute: Avv. Silvia Sticca; Dott.ssa Maria Pia Turiello; Drssa Francesca Romana D’Antuono; Drssa Adelaide Amendola; Prof. Paola Balducci; Drssa Marica Caldarulo; Drssa Ivana Vaccari; Drssa Sveva Avveduto; Avv. Irma Conti; Drssa Cristina Di Silvio; Drssa Margherita Romanelli; Drssa Elisa Ercoli; Drssa Maria Ludovica Bottarelli; Drssa Gaia Van Der Esch; Drssa Annamaria Nassisi; Drssa Sabrina Zuccalà; Drssa Maria Pia Turiello; Drssa Asmae Dacian; Drssa Elisabetta Nistri; Generale A.M. Michele Scillia; Drssa Solange Manfredi; Drssa Dafne Carletti. Tra i partner alla conferenza, con le relative rappresentanti, hanno aderito la Bocconi Business School, Differenza Donna, Women20 (official G20 engagement group focused on gender equity), G20 Empower, Donne in Vaticano, la Federazione italiana donne arti professioni e affari, l’European women’s lobby, Women in International Security, Tra le Donne, MovimentoBlu, Istituto Italiano per lo studio delle politiche ambientali e lo United States Foreign Trade Institute.

Osservatorio 4.Manager. Certificazione di genere modello virtuoso pensato per le imprese

Con 63,5 punti su 100, l’Italia si colloca al 14esimo posto fra i paesi UE per indice di uguaglianza di genere, questa è la classifica diffusa dalla European Institute for Gender Equality (EIGE). Per superare il gender gap nelle aziende un aiuto arriva dalla certificazione della parità di genere che avrebbe un impatto positivo sul PIL dal 9 all’11% e stimolerebbe le aziende a adottare sistemi di policy per attivare cambiamenti virtuosi urgenti e necessari.

La priorità per l’Italia è ridurre le disuguaglianze di genere. Attualmente il tasso di occupazione si attesta intorno al 50%, inferiore alla media europea che si associa ad una esigua crescita nelle carriere apicali; poche le donne ai vertici di organizzazioni, aziende, società quotate e non quotate come amministratori delegati o presidenti di società. Studi internazionali (OCSE, Fondo Monetario) hanno rilevato quanto il progresso economico dipenda dalla componente femminile, quindi, non si può non tenere conto del loro coinvolgimento nel mercato del lavoro. La parità di genere è un asset strategico (obiettivo 5 del PNRR) e costituisce la visione di una società più equa. Di questo e altro si è parlato al workshop Politiche di genere per imprese e manager. Azioni e strumenti svolto il 28 giugno a Roma nella sede di Confindustria, organizzato da 4.Manager e Federmanager. Focus del seminario la certificazione di genere per le imprese (parità contributiva legge 132/2021), valore della certificazione per le aziende e sostegno all’empowerment femminile partendo dalla conciliazione famiglia e lavoro. Per rispondere agli interrogativi l’Osservatorio Federmanager ha condotto uno studio analizzando i trend economici e di mercato con l’obiettivo di identificare le equità di genere in campo manageriale nel nostro Paese.

Risultati Osservatorio Federmanager sul gender gap e imprenditoria femminile in Italia

L’equità di genere non è solo un tema di diritti; dal G7 alla COP26 è emerso il concetto che non è possibile pensare ad una economia basata sulla sola presenza maschile. L’Osservatorio 4.Manager ha monitorato il numero di donne imprenditrici durante tutto l’anno con la conseguenza che oggi in Italia le posizioni manageriali femminili rappresentano il 28% del totale e si riducono al 19% se le attività sono regolate da un contratto da dirigente, con un incremento annuo dello 0,3% negli ultimi 10 anni. L’analisi elaborata su un campione di 6mila aziende manifatturiere italiane ha puntualizzato che il 14% sono a conduzione femminile e il 79% a conduzione maschile. Le imprese a guida femminile operano nel tessile per il 21% e si concentrano nel sud Italia per il 19%. Dall’Osservatorio emerge che le imprese femminili nel comparto manifatturiero hanno un basso tasso di innovazione ma una elevata propensione alla transizione sostenibile: solo il 12% delle imprese è innovativa contro l’88% delle maschili, mentre il 66% delle imprese femminili ha maggiore propensione alla transizione sostenibile contro il 34% delle maschili.

Proiezioni del Piano Strategico Nazionale 2021-2026

All’interno del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) il Governo ha introdotto un capitolo per contrastare le discriminazioni nei confronti delle donne, annunciando l’adozione di un Piano Strategico Nazionale 2021-2026, allineandosi così alla Commissione europea che si pone entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica stilata dall’EIGE. In questo scenario rientra la legge sulla parità retributiva (1° gennaio 2022) che stabilisce un Sistema Nazionale di Certificazione di Genere dove il PNRR mette a disposizione 10 milioni di euro per sollecitare le imprese ad intraprendere policy mirate per ridurre il divario nei settori più critici come opportunità di carriera, parità salariale, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela alla maternità. Chi possiede la certificazione ha diritto ad uno sgravio dell’1% sui contributi fino a 50mila euro l’anno; strumento dunque innovativo che premia le aziende con la possibilità di ottenere finanziamenti pubblici e consente un migliore posizionamento nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture. Questo sistema – osserva l’Osservatorio – è visto positivamente per le aziende avviate alla transizione sostenibile che ne riconoscono i benefici. Infatti, il 31% delle imprese utilizza piani di lavoro mirati; si tratta di interventi sulla genitorialità (15,7%), formazione (13,9%), parità nei ruoli apicali (13%)e parità salariale (8,3%). In sintesi, il 69% e il 57% delle grandi e piccole imprese avviate alla transizione già conoscono il Sistema di Certificazione della parità di genere. Fra gli elementi apprezzati della Certificazione spicca la reputazione aziendale 65%; clima aziendale 59%; riduzione del divario di genere nell’impresa 42%; benefici fiscali 22%; benefici alla partecipazione di gare d’appalto 11% e benefici all’accesso nel credito/capitali 7%.

Certificazione di Genere, strumento innovativo non un bollino rosa

Il 1° luglio 2022 è stato pubblicato il decreto della Ministra Bonetti che recepisce le “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di indicatori chiave di prestazione (Key Performance Indicator) inerenti alle politiche di parità nelle organizzazioni” e i requisiti minimi per ottenere la certificazione alle imprese. Un passo verso la costituzione di un Sistema nazionale di certificazione che mira ad incentivare le imprese a adottare policy adeguate per ridurre il divario.

Elena Bonetti, Ministra delle Pari Opportunità e Famiglia

“Abbiamo scelto di investire nel lavoro femminile e accompagnare le imprese: la certificazione per la parità di genere, strumento innovativo, attiverà nuove pratiche di carattere aziendale ed offrirà opportunità alle donne. Non possiamo permetterci di lasciare in panchina le competenze e i talenti femminili: liberarli non è soltanto giusto ma necessario ed è la strada che il governo ha deciso di intraprendere per far crescere il Paese” ha commentato Elena Bonetti. Aggiunge che ai fini del coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità, il datore di lavoro ha l’onere di fornire un’informativa aziendale sulla parità di genere per consentire i controlli e le verifiche per il mantenimento dei parametri minimi e l’ottenimento della certificazione alle imprese. “La certificazione non è un bollino rosa” ha sottolineato la Ministra “ma uno strumento innovativo che produce effetti migliorativi nell’impresa, un meccanismo premiale per accedere ai fondi del PNRR”

Certificazione di Genere, modello virtuoso che premia competenze e talenti femminili

Stefano Cuzzilla, Presidente 4.Manager e Federmanager

“L’attuale crisi bellica ed energetica ha accentuato le disuguaglianze economiche e sociali escludendo le donne dal lavoro con ricadute negative su tutto il comparto produttivo delle aziende, quindi, una delle sfide del Paese sarà ridurre questo divario” ha commentato Stefano Cuzzilla. “Il divario retributivo e il miglioramento dei tempi di vita-lavoro” ha detto “sono temi non rinviabili, ma per realizzare ciò servono le competenze delle donne e un sistema organizzativo in grado di valorizzarle. La Certificazione di genere rappresenta la strada maestra per mettere in moto un meccanismo virtuoso nelle aziende, un modello di business nuovo con ricadute positive sulla disparità di genere”. Infine, ha aggiunto “le aziende con una governance mista sono più competitive, reagiscono meglio alle crisi e un migliore equilibrio di genere tende ad aumentare il Pil”.

Pina Picierno, Vicepresidente Parlamento Europeo

“Guerra, crisi energetica, stagnazione avranno impatti negativi se non si accelerano le riforme definite dal PNRR” ha commentato Pina Picierno. “La chiamata alla mobilitazione intorno a questi temi deve essere nazionale ed europea. Di recente la notizia dell’approvazione – dopo dieci anni di stallo – della direttiva europea “Women on boards” per garantire parità di genere tra i consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, un passo in avanti per le donne nel mercato del lavoro”.

“La certificazione di genere” ha spiegato Catizone “è uno strumento virtuoso, pensato per innescare meccanismi dinamici nei processi aziendali che generano valore economico, favoriscono il superamento delle disparità creando una cultura aziendale e manageriale che armonizza il principio delle pari opportunità”.

Relatori: Elena Bonetti – Ministra delle Pari Opportunità; Stefano Cuzzilla – Presidente 4.Manager e Federmanager; Andrea Catizone – Avvocata e presentazione dello studio “Imprese e parità di genere”; Pina Picierno – Vicepresidente del Parlamento Europeo; Francesca Bagni Cipriani – Consigliera Nazionale di Parità; Giuseppe Torre – Responsabile scientifico Osservatorio 4.Manager; Giuseppe Rossi – Presidente Ente Italiano di Normazione e Fulvio D’Alvia – Direttore Generale 4.Manager.

Cristina Montagni

SMART HUMAN CITY. Analisi FIDAPA BPW ITALY per un futuro inclusivo ed economicamente sostenibile

Fidapa BPW Italy e la Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Roma, Gianna Baldoni, l’8 giugno nella seicentesca dimora storica di Villa Altieri, hanno condiviso forti valori comuni al convegno “Pillole di coscienza collettiva: innovazione etica per l’abitare sostenibile”.

VILLA ALTIERI – ROMA

Un’occasione per pianificare i futuri effetti socio-economici in una città complessa come Roma, punto di riferimento per i cittadini che la abitano. A Roma, la Consigliera di Parità svolge infatti un ruolo cruciale per raggiungere la parità di genere con la promozione di buone prassi, formazione e informazione, guardando in particolare alle discriminazioni nei luoghi di lavoro con il controllo delle quote nelle amministrazioni locali.

La città un laboratorio di rigenerazione umana

Al seminario, curato da Rossella Poce, rappresentante FIDAPA BPW Italy, LEF Italia, sono intervenute studiose/i in vari campi dell’architettura, scienza, economia, sociologia e comunicazione per tracciare un nuovo sapere critico in grado di sostenere un sistema produttivo inclusivo ed economicamente sostenibile coinvolgendo le giovani donne negli studi scientifici. I relatori hanno ragionato sulla centralità della città – perno della vita delle persone – non solo come spazio in cui vivere, ma territorio intorno al quale costruire l’identità di un individuo. Identità che cresce all’interno di un laboratorio di rigenerazione umana dove interagiscono relazioni umane, parità di genere, benessere degli individui, scienza e innovazione. Dal confronto sono emersi spunti su come recuperare un sano principio etico e come la città si può trasformare in un contenitore di energie per giungere ad una vita sociale meno precaria grazie alla costruzione di nuove regole per vivere meglio.

Visioni e strategie per il benessere delle persone

La tendenza all’urbanizzazione delle popolazioni è in crescita anche in paesi meno sviluppati dove si concentra l’80% della popolazione mondiale. Nel 2018 un rapporto delle Nazioni Unite stimava che nel 2050 il 70% della popolazione mondiale avrebbe popolato le città: l’Italia ha raggiunto questo traguardo grazie alla forte correlazione tra popolazione urbana e PIL pro-capite. Lo scenario conduce quindi ad una visione diversa nella costruzione di una città sostenibile, orientata al benessere e alla qualità della vita delle persone. L’obiettivo per una città sana e solidale è attuare interventi orientati alla tutela ambientale, all’innovazione, alla sostenibilità economica, all’inclusione sociale e alla partecipazione attiva dei cittadini; giovani e donne. Occorre un approccio multidisciplinare ed un piano strategico per le città metropolitane che oltre a dotarsi di un networking tra politiche pubbliche e scienza, ha necessità di un uso più efficace dell’intelligenza artificiale per coniugare crescita economica, inclusione, equità e tutela ambientale. Affrontare le sfide globali significa investire in competenze per trasformare il futuro; e nel progettare le città è imprescindibile il lavoro delle donne che devono essere sostenute con strumenti di conciliazione vita-lavoro ed attrarre talenti femminili stimolando le carriere STEM a forte caratterizzazione scientifica e tecnologica.

Coscienza collettiva e sensibilità, skills per riscattare lo spazio pubblico

I cittadini sono gruppi di persone che esercitano i loro diritti attraverso la cittadinanza e nell’abitare un luogo appare chiaro il concetto di libertà e diritto. Coscienza collettiva, consapevolezza e sensibilità sono skills che servono per formare una cives. La sostenibilità perde dunque efficacia se non c’è la componente umana, elemento vitale insieme alle relazioni sociali per la crescita della città. Il concetto di città agile deve quindi includere la parola human e trasformarsi in smart human city in grado di relazionarsi con gli altri. Essa ha l’obiettivo di riscattare lo spazio pubblico, luogo nel quale riversare desideri e sogni in uno spazio aperto. Per concludere responsabilità e interdisciplinarità devono convivere affinché la città evolva nella convinzione che le “masse” muovendosi orientano umori, sentimenti e criticità.

Sostenibilità non è solo una questione di impatto

È possibile pensare alla città come una struttura conservativa fatta di energia e guidata da “animali sociali” che per sopravvivere si trasforma in habitat. La seconda e terza struttura conservativa è costituita dalla tecnologia e dall’umano; riferimento per le organizzazioni di tutti gli habitat e di tutte le città. Oggi, parlare di sostenibilità non è solo una questione di impatto, significa analizzare il fenomeno su tre parametri: habitat, tecnologia ed essere umano dove in futuro sarà necessario raggiungere un punto di equilibrio fra questi elementi.

Modello circolare unico cambiamento possibile

Ragionare su modelli di produzione di spesa significa concentrare l’attenzione su tre direttrici: regole di comando e controllo che provengono dalla società, incentivi alla spesa pubblica che definiscono modelli di produzione di spesa e promozione della responsabilità sociale provenienti dal basso. Occorre pertanto chiedersi qual è il compito dell’innovazione etica e come perseguire il benessere sociale, economico ed ambientale per raggiungere l’equità intergenerazionale. Ciò è possibile solo promuovendo un ‘economia circolare capace di sostenere modelli di spesa etici (standard di qualità, tipo di prodotto, prossimità al consumo, innovazione negli stili di vita, etc). Questa innovazione diventa etica solo se riesce ad incidere sulla sostenibilità impattando positivamente sul benessere degli individui. Tra le sfide dell’Agenda 20-30, la lotta al cambiamento climatico (Goal 13) è il settore che desta maggiore preoccupazione; occorre perciò analizzare i settori responsabili (agricoltura, mobilità, energia) ed affrontare l’innovazione etica applicando modelli di produzione di spesa delle famiglie per contrastare il cambiamento ambientale. I futuri sistemi di consumo dovranno ispirarsi al modello circolare e l’innovazione etica offrirà a famiglie e imprese processi di produzione e spesa responsabili.

Progetto “Una città per bambini e bambine” UCBB. Testimonianza della città a misura di bambino

Il progetto “Una città per bambini e bambine”, realizzato da un gruppo di professionisti a Settimo Torinese durante la pandemia, ha analizzato la città attraverso gli occhi dei giovani (14-17 anni) spesso esclusi dai processi decisionali. I ragazzi diventano riferimento per una città aperta alle esigenze di tutti. Diverse le motivazioni per realizzare l’indagine: approfondire l’evoluzione delle città, capire come nel tempo hanno perso la caratteristica di luoghi di incontro, sia in termini di autonomia di movimento che opportunità di crescita attraverso il gioco. In breve dalla testimonianza emerge con forza l’ascolto dei giovani; solo loro possono cambiare il paradigma e sviluppare all’interno della comunità una maggiore sensibilità coinvolgendo istituzioni e forze produttive di un territorio.

Cristina Montagni

Relatori al convegno:

Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Roma Gianna Baldoni, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Lucia Votano, Presidente IN/Arch Triveneto Lucia Krasovec-Lucas, Epistemiologo, Direttore scientifico LIS Università Federico II Alessandro Ceci, Presidente Fondazione Simone Cesaretti, Gian Paolo Cesaretti, Progetto “Una città per bambini e bambine” Aquilina Olleia.

Interventi istituzionali:

Presidente Nazionale FIDAPA BPW-Italy Fiammetta Perrone, Presidente del Distretto Centro di FIDAPA BPW Italy Anna Maria Turchetti, Presidente LEF Italia Maria Ludovica Bottarelli Leali, Commissione parità di genere OAR Ilaria Olivieri, Coordinatore Nazionale IN/Arch Beatrice Fumarola, Rappresentante FIDAPA BPW-Italy – LEF Italia Rossella Poce

BIO: Fidapa BPW Italy è un movimento di opinione indipendente, senza scopo di lucro, composto da 11mila socie in Italia e appartenente alla International Federation of Business and Professional Women. È costituito da donne senza distinzione di etnie, orientamenti politici e valorizza nella società le competenze delle donne con varie attività sociali e culturali per contrastare le disuguaglianze e le disparità di genere che sorgono durante le attività. Le associate, presenti in 300 sezioni, insieme alle rappresentanti dei vari distretti sono attive al Parlamento Europeo e in varie organizzazioni internazionali ponendosi a difesa delle donne per combattere ogni forma di discriminazione.

Medicina di genere e politiche sulla salute della donna

Ministero della Salute e Fondazione Atena Onlus in occasione della settima giornata nazionale sulla salute della donna, ha presentato al Centro Studi Americani di Roma il convegno “La salute della donna: politiche per il futuro”. Il seminario ha indicato un maggiore coinvolgimento nella sperimentazione e la necessità di investire in screening e diagnosi mettendo al centro le differenze di sesso e genere in ogni fase della salute a partire dalla prevenzione, diagnosi e cura. Ad aprire il tavolo, il direttore del Centro Studi Americani, Roberto Sgalla con la partecipazione del Ministro della Salute, Roberto Speranza e numerosi contributi di studiose ed esperte della sanità.

Efficienza del Servizio Sanitario Nazionale e attenzione alla salute della donna

Roberto Speranza, Ministro della Salute

“Siamo di fronte ad una grande sfida; far crescere il servizio sanitario con le risorse del PNRR – oltre 20 mld di euro – per cambiare l’approccio sanitario nel nostro paese ed intervenire nell’assistenza territoriale, digitalizzazione, etc”.  Così il Ministro della Salute è intervenuto al convegno di fine aprile confermando che per la prima volta – per effetto della crisi pandemica – l’Italia si è dotata di un Piano Operativo Nazionale sulla salute. In particolare, “l’attenzione sulla salute della donna deve essere una priorità sulla quale occorre investire nei prossimi anni riconoscendone la diversità”. Ha poi aggiunto che nella ricerca farmaceutica il tema è trattato marginalmente e occorre una maggiore pianificazione. Infine, ha sostenuto che serve più prevenzione per le donne in campo oncologico e sono al tavolo proposte provenienti da numerose comunità scientifiche.

Aggiornamento delle variabili per una nuova medicina di genere

La medicina di genere nata anni fa per considerare la condizione uomo/donna, oggi ha portato progressi con l’inserimento di indicatori che osservano gli stili di vita degli individui. Stabilire l’esistenza delle patologie non era automatico perché emergevano risposte diverse in base all’età o etnia. Più tardi si sono aggiunti parametri sociali, economici, culturali ed ambientali che condizionavano la salute dell’individuo. Questi fattori documentati scientificamente, impongono oggi la domanda se è ancora attuale parlare di medicina di genere, dice Anna Maria Moretti, o è giusto chiamarla in modo diverso considerando variabili come la religione, infrastrutture fruibili e organizzazione di accesso ai servizi.

Pericolosi ritorni a vecchie tradizioni e aiuto alle donne di altri paesi

In Italia è sempre esistita la prevenzione, ma ci sono donne che ancora hanno una bassa percezione al tema e quindi necessita una elevata sensibilizzazione. Mariella Enoc sostiene che si sta tornando alla pratica del parto non sicuro che genera condizioni rischiose sia per la madre che per il nascituro e coinvolge un numero consistente di donne provenienti da altri paesi. Enoc ricorda il progetto “Il parto sicuro” in Etiopia sottolineando che nei paesi arabi ed africani la prevenzione è inesistente e sono le donne ad essere colpite ed emarginate nella cura.

Progetto “Donne” inserito nella cattedra UNESCO

Annamaria Colao ha illustrato il progetto “Donne” inserito nella cattedra UNESCO, inaugurato a Napoli per presentare all’Organizzazione delle Nazioni Unite come la salute umana è un bene da proteggere. Il progetto racconta la docente, è un percorso in cui la donna, in modo gratuito, poteva usufruire di una serie di visite ed essere educata alla prevenzione per un determinato setting. Ogni gazebo era strutturato per fruire di visite specialistiche dove erano organizzati incontri orientati alla salute, alla violenza sulle donne, bullismo etc. La manifestazione sarà replicata dal 23 al 26 giugno a Napoli per sensibilizzare le donne alla prevenzione affinché diventi uno strumento educativo e spiegare le pratiche per mantenersi in buona salute, dalle bambine alle persone anziane. La docente infine conclude che in Italia manca un ospedale delle donne, cultura oramai consolidata nei paesi anglosassoni, e ha sostenuto l’utilità di portare all’interno di questo percorso la cultura medica e la cura di sé a 360 gradi.

Sanità connessa al territorio e più formazione  

Con la pandemia si è capito che la salute è un bene importante ed ha un forte impatto sul sistema sociale ed economico di un paese. I dati del servizio sanitario nazionale mostrano uno scenario in cui la popolazione sta invecchiando e non produrrà da un punto di vista economico. Oggi è opportuna un’attenta programmazione e con le risorse del PNRR vi è la condizione di definire cosa servirà in futuro. Questo cambio di visione fa sì che tra le priorità vi è quella di non ammalarsi, integrare la malattia con il sociale, elemento fondamentale per le donne che raramente possono contare sul care giver. È anche necessario fare formazione per una nuova sanità attraverso la digitalizzazione, un sistema che connetta la sanità a tutto il territorio nazionale. Tale processo secondo la Siliquini non è rinviabile insieme ad una attenta formazione di professionisti sanitari nell’utilizzo della telemedicina.

Un sistema quote per top manager della sanità

Durante la pandemia è emersa una mancanza di donne nei ruoli apicali. Nel sistema sanitario il 18% occupa il ruolo di direttore generale mentre nel mondo solo il 25% arriva a cariche di top management, ma ribadisce Paola Testori Coggi, l’obbiettivo è raggiungere il 40% entro il 2025. L’attuale fotografia restituisce uno scenario poco rassicurante, infatti, le donne medico sono il 44% e scendono al 32% se si parla di direttori di strutture sanitarie e il 17% se direttori in strutture complesse. Quanto ai posti di direttore generale, a fronte di un 26% di iscritte nelle liste idonee, solo il 18% sono scelte per occupare questo ruolo, un gap che evoca consolidati stereotipi culturali e vivi pregiudizi nel nostro paese. Ricerca, conoscenza, formazione, empowerment femminile delle professioniste della salute devono essere sostenute da una seria politica attiva, dice Sandra Zampa. Suggerisce di adottare un sistema di quote “rosa” equivalente alla norma già prevista per le società quotate in borsa che prevede la presenza femminile nei consigli di amministrazione, così anche le aziende sanitarie dovrebbero far uso di questo strumento per garantire parità di genere negli organi di amministrazione e controllo nella sanità. Infine, ha sottolineato la necessità di campagne di comunicazione e format sulla salute per evitare disuguaglianze, false informazioni e raggiungere tutte le donne in ogni strato della società.

Cristina Montagni

Contributi alla conferenza: Roberto Speranza, Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, coordinatrice Health&Science Bridge, Carla Vittoria Maira, presidente Fondazione Atena Donna, Anna Maria Moretti, presidente GISEG, Roberta Rossini, Direttrice S.C. Cardiologia Ospedale Santa Croce e Carle Cuneo, Roberta Siliquini, Professore Ordinario di Sanità Pubblica, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università di Torino, Annamaria Colao, Presidente Società italiana di Endocrinologia, Cattedra Unesco Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile, Maria Pia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche, Maria Peano, presidente Associazione Pre.zio.sa., Eleonora Porcu, vicepresidente della commissione III del Consiglio Superiore Sanità, Università di Bologna, Paola Testori Coggi, consigliere scientifico Istituto Affari Internazionali (IAI) e Special Advisor del Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita Alisei, Mariella Enoc, Presidente Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Sandra Zampa, Responsabile Salute Segreteria Nazionale PD, responsabile alle relazioni internazionali ed attività istituzionali nazionali del Ministero della Salute.