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Presentazione Primo Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

La violenza di genere regolata da convenzioni ONU e UE, con l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ratificata da 193 Stati delle Nazioni Unite, ribadisce l’impegno sul lavoro dignitoso, riduzione delle disuguaglianze, promozione della salute, benessere, eliminazione della violenza di genere e ogni forma di discriminazione. Per una sua piena applicazione è necessario accelerare su leggi, politiche, bilanci e istituzioni, per le quali si chiede un maggiore investimento sulle statistiche di genere poiché è disponibile meno della metà dei dati per monitorare il Goal 5.

Il 23 novembre presso la Camera dei deputati a Roma, l’associazione 6Libera.6come6 ha presentato il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro. Ad aprire il convegno l’onorevole Carolina Varchi, capo gruppo della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, la presidente dell’associazione 6Libera.6come6, avv. Dhebora Mirabelli e la criminologa Maria Pia Giulia Turiello, direttore del dipartimento Ricerca Business School Bocconi. Una giornata ricca di spunti accompagnata da magistrati e avvocati esperti che si sono confrontati con il mondo delle imprese per garantire alle vittime tutele, protezione ed affermare una cultura aziendale libera da discriminazioni, abusi, molestie e violenze.

Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

Un focus specifico nella giornata di studio per presentare il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro che avrà il compito di tracciare un percorso nazionale osservando il sistema normativo insieme a iniziative di prevenzione e contrasto. L’indagine predisposta per il contesto italiano indicherà strategie e politiche rispetto al fenomeno, segnalando necessità, best practice e proporre potenziamenti sulla materia. L’approccio metodologico si avvale di ricerche sul campo e studi provenienti dalla letteratura esistente. Un corpus di documenti costituito da trattati, convenzioni, dichiarazioni internazionali ed europee che delineano il fenomeno e indicano quali sono le tutele per lavoratrici e lavoratori. Esperti in materia analizzeranno rapporti e dati provenienti da organismi internazionali, sindacati, istituzioni e società civile, unitamente ai contratti nazionali di lavoro, accordi fra le parti sociali e datoriali e codici etici adottati dal settore privato. Un lavoro complesso in cui verrà esaminata l’impostazione penale ed amministrativa che regola il fenomeno italiano. Lo studio prevede iniziative di prevenzione definite dalle parti sociali, istituzioni e società civile, insieme a protocolli di intesa, documenti delle reti territoriali e regionali nelle aree metropolitane. Durante l’indagine saranno disposti gruppi di discussione con aziende e interviste ad hoc a figure del sistema sindacale, datoriale, istituzionale e della società civile. Le inchieste – di tipo qualitativo – avranno un approccio ricognitivo rispetto alle iniziative prese dagli organismi consultati per trarre raccomandazioni su aspetti normativi sociali e culturali.

Impatto economico causato dalla violenza di genere

Violenze sessuali e molestie incidono sulle vittime in termini di benessere, salute psico-fisica, dignità, autostima e lavoro. La regolarità degli atti persecutori impatta a livello fisico e psicologico attraverso sentimenti di paura, vergogna, rabbia, disperazione, ansia, depressione, sonno, etc. Questi avvenimenti provocano nella vittima stress post-traumatici, che sarebbe più esposta a comportamenti suicidari. Ci sono anche azioni che si manifestano con sistematicità; molestie sul lavoro all’interno del contesto aziendale o soggetti esterni all’impresa che incidono sulla salute e benessere di altri individui; testimoni, colleghi, pazienti e clienti, familiari e amici delle vittime. In generale questi indicatori provocano elevati costi sociali che pesano sulla collettività, sui bilanci delle aziende per potenziali assenze dei lavoratori, aumento del turnover del personale, incremento dei costi di reclutamento, formazione, reputation aziendale, crescita dei premi assicurativi e costi in consulenze mediche, spese per assistenza e prestazioni sociali dovute al pre-pensionamento.

Uniformità negli strumenti di prevenzione

Lacunoso sotto il profilo legale è il fenomeno della violenza di genere nel mondo del lavoro. La difficoltà risiede nell’assenza di una definizione universale che contempli aspetti e declinazioni. La legislazione internazionale (OIL Convenzione n. 190 e raccomandazione n. 206) stabilisce forme di protezione rispetto alle tipologie di molestie e violenze sul lavoro. Tuttavia, la mancanza di una visione comune suggerisce scarsa chiarezza rispetto all’identificazione del fenomeno e predisposizione di strumenti per la prevenzione e contrasto dello stesso. Poco studiati sono anche i comportamenti violenti che si manifestano sul lavoro come il bossing, bullismo e mobbing. La normativa contempla alcune tipologie di lavoratori; migranti, lavoratrici domestiche o stagionali, ma ignora una quota di lavori cosiddetti emergenti nati con la Gig economy (sistema basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo) che non solo produce lavoro povero ma concepisce forme di occupazione on demand dove i lavoratori sono senza garanzie e tutele sociali. Questo tipo di occupazione – precario, non controllato e mal retribuito – espone gli occupati ad elevati rischi di abuso e molestia.

Prevenzione, formazione e sensibilizzazione le parole chiave contro la violenza

Statistiche europee affermano che l’Italia è al decimo posto per denunce sulla violenza; solo una denuncia su dieci viene dichiarata, mentre i paesi del nord europa si attestano in cima alla classifica. La violenza, subita nei luoghi di lavoro, è dovuta a squilibri interni all’impresa – posizione dominante di un soggetto – dove la gerarchia nei rapporti di potere produce discriminazioni nei ruoli pubblici e privati. Studi epidemiologici indicano che oltre 200mila persone ogni anno si tolgono la vita per cause di lavoro e 1 persona su 5 compie questo gesto per la mancanza di occupazione. La probabilità di togliersi la vita è 3,5 volte più alta nelle donne e riconducibile a una rottura dell’equilibrio psicofisico della persona che nel tempo sviluppa risposte sul piano somatico e psicologico. La parola chiave per contrastare la violenza è prevenzione. Ma è necessario anche affiancare la denuncia in forma anonima e indicare la presenza di un responsabile in grado di fornire report aggiornati per monitorare comportamenti scorretti in azienda. In generale piccole e medie imprese pensano sia efficace definire linee guida, investire in formazione per prevenire azioni discriminatorie all’interno degli spazi di lavoro.

Indeterminatezza della norma

Un inasprimento della pena non conduce ad una riduzione del fenomeno criminale; è provato che nell’ipotesi in cui il legislatore sia intervenuto nell’acuire il regime sanzionatorio, i risultati non hanno prodotto le risposte sperate. Questa indeterminatezza pone questioni di carattere costituzionale; quindi, se l’obiettivo del legislatore era migliorarla, in realtà interventi successivi l’hanno depauperata. Con la legge 69 del 2019 (Codice Rosso) vi è stato il tentativo di codificare nuove fattispecie aumentando le pene, ma fenomeni come vittimizzazione secondaria, violenza assistita e atti persecutori in famiglia rappresentano un vero allarme sociale. In sintesi, tutti gli operatori del settore sono chiamati ad intervenire con investimenti in formazione per mitigare gli elevati costi sociali.

Educare alla non violenza è un esercizio che si impara in famiglia

Il codice rosso è “macchiato di sangue” perché le violenze sono perpetrate in vari contesti sociali. Il nostro paese è culturalmente impreparato nonostante la normativa sulle tutele e diritti soggettivi è definita da associazioni europee all’avanguardia, di fatto però mal applicata. La donna che denuncia va protetta in strutture adeguate e la Convenzione di Istanbul – ratificata dall’Italia nel 2013 – spiega che in assenza di una denuncia, la donna deve essere tutelata. In conclusione, la parola d’ordine è sensibilizzare per una rinascita culturale partendo dalla famiglia, luogo deputato alla crescita nel rispetto dei valori e della libertà.

Composizione Osservatorio Digitale Europeo

Comitato scientifico di coordinamento della ricerca: giuristi, imprenditori, esperti di relazioni sindacali, medici del lavoro e dirigenti ONU: giudice Valerio de Gioia; avv. Massimo Rossi, avv. Francesco Mazza, criminologa Antonella Formicola, avv. Massimo Oreste Finotto, On. Carolina Varchi, Prof. Sandro Calvani, presidente Società Italiana Medicina del Lavoro Giovanna Spatari, imprenditore Pierantonio Invernizzi, imprenditrice Giulia Giuffré, esperta relazioni sindacali Elisabetta Fugazza.

Esperti alla promozione per la diffusione della ricerca presso aziende italiane: dott. Carmelo Aristia, d.ssa Anna Sciortino, d.ssa Laura Piccolo, dott. Jonathan Morello Ritter, on. Giuseppe Catania, d.ssa Rosellina Amoroso.