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Category Archives: Donna e Salute

Rappresentanza delle donne e l’impegno della European Women’s Lobby alle elezioni di giugno 2024

Rossella Poce, Presidente Lef-Italia

(a sinistra) Rossella Poce, Presidente Lef-Italia
(a destra) M. Ludovica Bottarelli, Segretaria Generale Lef-Italia- Osservatorio EWL
On. Beatrice Covassi del gruppo S&D
Oria Gargano, Presidente Cooperativa Sociale Befree, Membro del Direttivo LEF- Italia

Titti Carrano, Avvocata D.i.Re per l’Italia

Rapporto UNFPA 2023: Focus diritti delle donne e ragazze

La popolazione mondiale a novembre 2022 ha raggiunto la soglia di 8 miliardi, e i due terzi vive in luoghi dove il tasso di fertilità è sotto il “livello di sostituzione”, 2,1 figli per donna. Lo rivela l’ultimo rapporto del Fondo delle Nazioni Unite che analizza la situazione sotto diverse angolazioni; con gli occhi del passato poiché aver raggiunto quel valore è grazie ai progressi della scienza; diminuzione delle morti per parto, progressi nella salute, infanzia etc. L’avvenimento genera tuttavia una certa ansia demografica, perciò, è necessario disaggregare il dato poiché metà delle gravidanze nel mondo sono indesiderate.

Il Report stima che il 44% delle donne in 68 paesi non ha accesso alla salute riproduttiva o decidere con chi avere un figlio, globalmente un quarto delle donne non raggiunge “l’ideale di fertilità”: quando o quanti figli avere. La riflessione tende a concentrarsi anche sui paesi a basso reddito – circa otto – che da qui al 2050 rappresenteranno metà della crescita demografica ridisegnando la classifica mondiale dei Paesi più popolosi. Inoltre, la questione che attiene all’ansia demografica si collega anche ai cambiamenti climatici: su 8 miliardi di individui, 5.5 mld guadagnano meno di 10 dollari al giorno, quindi, non saranno in grado di contribuire alla diminuzione delle emissioni di carbonio; perciò, il dato iniziale va studiato sotto una lente critica che guarda ai diritti e alle scelte.

8 miliardi: troppi o pochi?

Il tema che ricorre nel Report UNFPA 2023 è se 8 miliardi di individui nel mondo sono troppi o troppo pochi. Se da un lato i paesi ricchi come la Corea del Sud, il tasso di fertilità è 2 figli per donna, per i paesi dell’Africa Sub Sahariana la preoccupazione è in una fecondità troppo elevata. Per l’Italia, in base all’ultima pubblicazione ISTAT, gli indicatori demografici 2021 registrano il numero più basso di nascite rispetto gli anni passati, stimando la soglia di 400 mila nascite l’anno. Questo calo demografico interessa anche la Cina – un tempo considerato paese sovrappopolato – che dal 2011 al 2017 è passato da 18 milioni di nascite a 11,5 milioni l’anno. La questione non è sapere se i figli sono pochi o troppi, ma permettere alle donne in contesti in cui la fecondità è bassa o elevata, di avere figli, un diritto da assicurare dove le politiche devono garantire interventi di pianificazione nel lungo periodo. Il punto è trovare un giusto equilibrio di nascite e mantenere un “livello di sostituzione” tra le generazioni. Nei paesi in cui la fecondità è bassa, i Governi non devono guardare al solo obbiettivo numerico, ma a politiche familiari in grado di facilitare l’accesso al mercato del lavoro e far sì che le donne non siano costrette a scegliere se lavorare o avere un figlio.

Sostegno all’empowerment femminile per effetto dei cambiamenti demografici sulla struttura per età della popolazione

Nel mondo metà della popolazione ha meno di 30 anni, in particolare il dato varia fra i paesi europei rispetto quelli africani. In media in Italia il 50% della popolazione ha 44 anni, mentre in Africa è sotto i 20 anni; tale divario avrà in futuro importanti implicazioni; perciò, occorre riconoscere che le vecchie strutture familiari sono destinate a mutare e sarà necessario includere nella società un numero sempre crescente di anziani. C’è poi il tema delle migrazioni dove a livello mondiale pochi sono gli individui che tendono a spostarsi ma interessano soprattutto i paesi più poveri del mondo. Infine, il rapporto osserva come le politiche sui migranti e le comunità di accoglienza dovranno prestare attenzione al rispetto dei diritti umani fondamentali, sostenere la crescita dell’empowerment di donne e bambine, garantire un parto sicuro, promuovere la salute e assicurare la convivenza delle persone anziane. Il report suggerisce inoltre di focalizzare gli interventi sulle persone vulnerabili raccogliendo informazioni statistiche che provengono non solo dai paesi poveri ma da tutto il mondo per aiutare le popolazioni fragili attuando policy mirate.

La Cooperazione allo Sviluppo e il ruolo strategico dell’Italia

Dal rapporto UNFPA 2023 emerge un elemento trasversale: tendenze globali come povertà, salute, calo delle nascite, pandemie, etc sono conseguenza della disparità fra i generi che insieme all’aumento dell’aspettativa di vita e dell’invecchiamento, comportano una crescita dei lavori di cura non retribuiti da parte delle donne. Per queste ragioni occorre sostenere la promozione dei diritti delle donne e delle ragazze, la parità di genere, l’educazione delle bambine e combattere ogni forma di discriminazione, violenza sessuale e di genere, priorità indiscusse sia a livello internazionale che dal nostro Paese. Per raggiungere questi Goals, i finanziamenti alla Cooperazione italiana sono cruciali, pensiamo agli aiuti per sostenere la crisi in Afghanistan che rappresentano un focus importante per la cooperazione in ambito unilaterale e bilaterale. Riaffermare l’impegno in favore delle donne e delle ragazze con chiari indirizzi politici è vitale anche alla luce delle attuali recessioni sui diritti delle donne registrate negli ultimi anni dovuti dalla pandemia. La cooperazione italiana sin dal 2008 partecipa al programma congiunto UNFPA-UNICEF per l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili con 2 milioni di euro l’anno, inoltre dal 2020 è tra i sostenitori del programma contro i matrimoni precoci e forzati dove Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) svolge un ruolo cruciale.

Si tratta di iniziative che vedono in prima linea il ministero degli affari esteri poiché vi è consapevolezza che dal successo di questi sforzi dipende il futuro di milioni di bambine e ragazze. Anche la questione dell’empowerment femminile è centrale per affermare che le donne sono agenti di cambiamento, e solo con istruzione e formazione è possibile raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Ne consegue che la cooperazione internazionale rappresenta il principale donatore della Global Partnership for Education, dedicata al miglioramento dei sistemi educativi nei paesi in via di sviluppo in riferimento alla condizione delle bambine in Africa. È necessario ricordare che la cooperazione italiana si è dotata di linee guida strategiche rivolgendo un appello a tutti gli attori del sistema italiano sulla parità di genere e l’empowerment delle donne e ragazze. Scopo delle best practice è rafforzare l’ordinamento italiano per eliminare le discriminazioni di genere attraverso un approccio inclusivo sottolineando il ruolo delle donne quali protagoniste nei processi di sviluppo. Se si desidera raggiungere l’uguaglianza di genere non è sufficiente concentrare gli sforzi sull’obbiettivo 5 dell’agenda 2030, ma occorre una visione olistica; accesso ai servizi universali di assistenza sanitaria in particolare quella sessuale e riproduttiva delle donne e adolescenti, prendersi cura dell’ambiente e delle istituzioni che le rappresentano. E poi bisogna impegnarsi affinché le donne abbiano lo spazio che meritano nei processi decisionali, lavorare per eliminare le barriere giuridico-sociali-culturali ed economiche che ne ostacolano la leadership e la partecipazione in luoghi in cui si decide sulle politiche che impattano sulla loro vita. Il sistema deve perciò confrontarsi con la società civile e le istituzioni, avere un approccio multidisciplinare per raggiungere un cambiamento sostanziale e permettere alle donne il pieno godimento dei diritti; questo sarà l’approccio che l’Italia adotterà durante la presidenza del G7 nel 2024.

Priorità di AIDOS al G7 2024

L’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, impegnata nella cooperazione internazionale, sostiene progetti per l’empowerment di donne e ragazze, salute sessuale riproduttiva ed empowerment economico, strumenti capaci di abbattere il divario di genere alla radice di violenze, conflitti e stupri. L’associazione suggerisce alla politica, ai media e alla società civile di guardare non solo ai tassi di natalità e fertilità quali indici da raggiungere, ma all’autodeterminazione delle donne e delle ragazze. Il quadro internazionale è ricco di documenti a sostegno della parità; infatti, l’agenda 2030 non annuncia la parità di genere solo in termini di principi ma anche in termine di servizi (obbiettivo 3 dedicato alla salute e obbiettivo 5 dedicato alla parità di genere). Per raggiungere questi traguardi sono necessari più fondi alla società civile poiché una diminuzione di risorse farebbe retrocedere i progressi compiuti dall’associazione. Aidos in vista del G7 raccomanda di tenere alta nell’agenda politica la parità di genere, il contrasto alla violenza e alle pratiche dannose nei confronti delle donne come l’accesso ai servizi universali per la salute sessuale e riproduttiva. Per l’associazione è urgente potenziare programmi di formazione per i giovani: promuovere la pianificazione familiare con moderni metodi di contraccezione e stabilire un aumento graduale di risorse per raggiungere lo 0,7% del PIL da destinare alla cooperazione in Italia. In conclusione non è sufficiente guardare ai soli tassi ma pensare alla crescita delle donne e ragazze, creare un mondo in cui tutte e tutti possano esercitare i propri diritti, scelte e responsabilità.

Cristina Montagni

Presentazione Primo Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

La violenza di genere regolata da convenzioni ONU e UE, con l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ratificata da 193 Stati delle Nazioni Unite, ribadisce l’impegno sul lavoro dignitoso, riduzione delle disuguaglianze, promozione della salute, benessere, eliminazione della violenza di genere e ogni forma di discriminazione. Per una sua piena applicazione è necessario accelerare su leggi, politiche, bilanci e istituzioni, per le quali si chiede un maggiore investimento sulle statistiche di genere poiché è disponibile meno della metà dei dati per monitorare il Goal 5.

Il 23 novembre presso la Camera dei deputati a Roma, l’associazione 6Libera.6come6 ha presentato il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro. Ad aprire il convegno l’onorevole Carolina Varchi, capo gruppo della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, la presidente dell’associazione 6Libera.6come6, avv. Dhebora Mirabelli e la criminologa Maria Pia Giulia Turiello, direttore del dipartimento Ricerca Business School Bocconi. Una giornata ricca di spunti accompagnata da magistrati e avvocati esperti che si sono confrontati con il mondo delle imprese per garantire alle vittime tutele, protezione ed affermare una cultura aziendale libera da discriminazioni, abusi, molestie e violenze.

Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro

Un focus specifico nella giornata di studio per presentare il Osservatorio Digitale Europeo contro le molestie e violenze sul lavoro che avrà il compito di tracciare un percorso nazionale osservando il sistema normativo insieme a iniziative di prevenzione e contrasto. L’indagine predisposta per il contesto italiano indicherà strategie e politiche rispetto al fenomeno, segnalando necessità, best practice e proporre potenziamenti sulla materia. L’approccio metodologico si avvale di ricerche sul campo e studi provenienti dalla letteratura esistente. Un corpus di documenti costituito da trattati, convenzioni, dichiarazioni internazionali ed europee che delineano il fenomeno e indicano quali sono le tutele per lavoratrici e lavoratori. Esperti in materia analizzeranno rapporti e dati provenienti da organismi internazionali, sindacati, istituzioni e società civile, unitamente ai contratti nazionali di lavoro, accordi fra le parti sociali e datoriali e codici etici adottati dal settore privato. Un lavoro complesso in cui verrà esaminata l’impostazione penale ed amministrativa che regola il fenomeno italiano. Lo studio prevede iniziative di prevenzione definite dalle parti sociali, istituzioni e società civile, insieme a protocolli di intesa, documenti delle reti territoriali e regionali nelle aree metropolitane. Durante l’indagine saranno disposti gruppi di discussione con aziende e interviste ad hoc a figure del sistema sindacale, datoriale, istituzionale e della società civile. Le inchieste – di tipo qualitativo – avranno un approccio ricognitivo rispetto alle iniziative prese dagli organismi consultati per trarre raccomandazioni su aspetti normativi sociali e culturali.

Impatto economico causato dalla violenza di genere

Violenze sessuali e molestie incidono sulle vittime in termini di benessere, salute psico-fisica, dignità, autostima e lavoro. La regolarità degli atti persecutori impatta a livello fisico e psicologico attraverso sentimenti di paura, vergogna, rabbia, disperazione, ansia, depressione, sonno, etc. Questi avvenimenti provocano nella vittima stress post-traumatici, che sarebbe più esposta a comportamenti suicidari. Ci sono anche azioni che si manifestano con sistematicità; molestie sul lavoro all’interno del contesto aziendale o soggetti esterni all’impresa che incidono sulla salute e benessere di altri individui; testimoni, colleghi, pazienti e clienti, familiari e amici delle vittime. In generale questi indicatori provocano elevati costi sociali che pesano sulla collettività, sui bilanci delle aziende per potenziali assenze dei lavoratori, aumento del turnover del personale, incremento dei costi di reclutamento, formazione, reputation aziendale, crescita dei premi assicurativi e costi in consulenze mediche, spese per assistenza e prestazioni sociali dovute al pre-pensionamento.

Uniformità negli strumenti di prevenzione

Lacunoso sotto il profilo legale è il fenomeno della violenza di genere nel mondo del lavoro. La difficoltà risiede nell’assenza di una definizione universale che contempli aspetti e declinazioni. La legislazione internazionale (OIL Convenzione n. 190 e raccomandazione n. 206) stabilisce forme di protezione rispetto alle tipologie di molestie e violenze sul lavoro. Tuttavia, la mancanza di una visione comune suggerisce scarsa chiarezza rispetto all’identificazione del fenomeno e predisposizione di strumenti per la prevenzione e contrasto dello stesso. Poco studiati sono anche i comportamenti violenti che si manifestano sul lavoro come il bossing, bullismo e mobbing. La normativa contempla alcune tipologie di lavoratori; migranti, lavoratrici domestiche o stagionali, ma ignora una quota di lavori cosiddetti emergenti nati con la Gig economy (sistema basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo) che non solo produce lavoro povero ma concepisce forme di occupazione on demand dove i lavoratori sono senza garanzie e tutele sociali. Questo tipo di occupazione – precario, non controllato e mal retribuito – espone gli occupati ad elevati rischi di abuso e molestia.

Prevenzione, formazione e sensibilizzazione le parole chiave contro la violenza

Statistiche europee affermano che l’Italia è al decimo posto per denunce sulla violenza; solo una denuncia su dieci viene dichiarata, mentre i paesi del nord europa si attestano in cima alla classifica. La violenza, subita nei luoghi di lavoro, è dovuta a squilibri interni all’impresa – posizione dominante di un soggetto – dove la gerarchia nei rapporti di potere produce discriminazioni nei ruoli pubblici e privati. Studi epidemiologici indicano che oltre 200mila persone ogni anno si tolgono la vita per cause di lavoro e 1 persona su 5 compie questo gesto per la mancanza di occupazione. La probabilità di togliersi la vita è 3,5 volte più alta nelle donne e riconducibile a una rottura dell’equilibrio psicofisico della persona che nel tempo sviluppa risposte sul piano somatico e psicologico. La parola chiave per contrastare la violenza è prevenzione. Ma è necessario anche affiancare la denuncia in forma anonima e indicare la presenza di un responsabile in grado di fornire report aggiornati per monitorare comportamenti scorretti in azienda. In generale piccole e medie imprese pensano sia efficace definire linee guida, investire in formazione per prevenire azioni discriminatorie all’interno degli spazi di lavoro.

Indeterminatezza della norma

Un inasprimento della pena non conduce ad una riduzione del fenomeno criminale; è provato che nell’ipotesi in cui il legislatore sia intervenuto nell’acuire il regime sanzionatorio, i risultati non hanno prodotto le risposte sperate. Questa indeterminatezza pone questioni di carattere costituzionale; quindi, se l’obiettivo del legislatore era migliorarla, in realtà interventi successivi l’hanno depauperata. Con la legge 69 del 2019 (Codice Rosso) vi è stato il tentativo di codificare nuove fattispecie aumentando le pene, ma fenomeni come vittimizzazione secondaria, violenza assistita e atti persecutori in famiglia rappresentano un vero allarme sociale. In sintesi, tutti gli operatori del settore sono chiamati ad intervenire con investimenti in formazione per mitigare gli elevati costi sociali.

Educare alla non violenza è un esercizio che si impara in famiglia

Il codice rosso è “macchiato di sangue” perché le violenze sono perpetrate in vari contesti sociali. Il nostro paese è culturalmente impreparato nonostante la normativa sulle tutele e diritti soggettivi è definita da associazioni europee all’avanguardia, di fatto però mal applicata. La donna che denuncia va protetta in strutture adeguate e la Convenzione di Istanbul – ratificata dall’Italia nel 2013 – spiega che in assenza di una denuncia, la donna deve essere tutelata. In conclusione, la parola d’ordine è sensibilizzare per una rinascita culturale partendo dalla famiglia, luogo deputato alla crescita nel rispetto dei valori e della libertà.

Composizione Osservatorio Digitale Europeo

Comitato scientifico di coordinamento della ricerca: giuristi, imprenditori, esperti di relazioni sindacali, medici del lavoro e dirigenti ONU: giudice Valerio de Gioia; avv. Massimo Rossi, avv. Francesco Mazza, criminologa Antonella Formicola, avv. Massimo Oreste Finotto, On. Carolina Varchi, Prof. Sandro Calvani, presidente Società Italiana Medicina del Lavoro Giovanna Spatari, imprenditore Pierantonio Invernizzi, imprenditrice Giulia Giuffré, esperta relazioni sindacali Elisabetta Fugazza.

Esperti alla promozione per la diffusione della ricerca presso aziende italiane: dott. Carmelo Aristia, d.ssa Anna Sciortino, d.ssa Laura Piccolo, dott. Jonathan Morello Ritter, on. Giuseppe Catania, d.ssa Rosellina Amoroso.

Medicina di genere e politiche sulla salute della donna

Ministero della Salute e Fondazione Atena Onlus in occasione della settima giornata nazionale sulla salute della donna, ha presentato al Centro Studi Americani di Roma il convegno “La salute della donna: politiche per il futuro”. Il seminario ha indicato un maggiore coinvolgimento nella sperimentazione e la necessità di investire in screening e diagnosi mettendo al centro le differenze di sesso e genere in ogni fase della salute a partire dalla prevenzione, diagnosi e cura. Ad aprire il tavolo, il direttore del Centro Studi Americani, Roberto Sgalla con la partecipazione del Ministro della Salute, Roberto Speranza e numerosi contributi di studiose ed esperte della sanità.

Efficienza del Servizio Sanitario Nazionale e attenzione alla salute della donna

Roberto Speranza, Ministro della Salute

“Siamo di fronte ad una grande sfida; far crescere il servizio sanitario con le risorse del PNRR – oltre 20 mld di euro – per cambiare l’approccio sanitario nel nostro paese ed intervenire nell’assistenza territoriale, digitalizzazione, etc”.  Così il Ministro della Salute è intervenuto al convegno di fine aprile confermando che per la prima volta – per effetto della crisi pandemica – l’Italia si è dotata di un Piano Operativo Nazionale sulla salute. In particolare, “l’attenzione sulla salute della donna deve essere una priorità sulla quale occorre investire nei prossimi anni riconoscendone la diversità”. Ha poi aggiunto che nella ricerca farmaceutica il tema è trattato marginalmente e occorre una maggiore pianificazione. Infine, ha sostenuto che serve più prevenzione per le donne in campo oncologico e sono al tavolo proposte provenienti da numerose comunità scientifiche.

Aggiornamento delle variabili per una nuova medicina di genere

La medicina di genere nata anni fa per considerare la condizione uomo/donna, oggi ha portato progressi con l’inserimento di indicatori che osservano gli stili di vita degli individui. Stabilire l’esistenza delle patologie non era automatico perché emergevano risposte diverse in base all’età o etnia. Più tardi si sono aggiunti parametri sociali, economici, culturali ed ambientali che condizionavano la salute dell’individuo. Questi fattori documentati scientificamente, impongono oggi la domanda se è ancora attuale parlare di medicina di genere, dice Anna Maria Moretti, o è giusto chiamarla in modo diverso considerando variabili come la religione, infrastrutture fruibili e organizzazione di accesso ai servizi.

Pericolosi ritorni a vecchie tradizioni e aiuto alle donne di altri paesi

In Italia è sempre esistita la prevenzione, ma ci sono donne che ancora hanno una bassa percezione al tema e quindi necessita una elevata sensibilizzazione. Mariella Enoc sostiene che si sta tornando alla pratica del parto non sicuro che genera condizioni rischiose sia per la madre che per il nascituro e coinvolge un numero consistente di donne provenienti da altri paesi. Enoc ricorda il progetto “Il parto sicuro” in Etiopia sottolineando che nei paesi arabi ed africani la prevenzione è inesistente e sono le donne ad essere colpite ed emarginate nella cura.

Progetto “Donne” inserito nella cattedra UNESCO

Annamaria Colao ha illustrato il progetto “Donne” inserito nella cattedra UNESCO, inaugurato a Napoli per presentare all’Organizzazione delle Nazioni Unite come la salute umana è un bene da proteggere. Il progetto racconta la docente, è un percorso in cui la donna, in modo gratuito, poteva usufruire di una serie di visite ed essere educata alla prevenzione per un determinato setting. Ogni gazebo era strutturato per fruire di visite specialistiche dove erano organizzati incontri orientati alla salute, alla violenza sulle donne, bullismo etc. La manifestazione sarà replicata dal 23 al 26 giugno a Napoli per sensibilizzare le donne alla prevenzione affinché diventi uno strumento educativo e spiegare le pratiche per mantenersi in buona salute, dalle bambine alle persone anziane. La docente infine conclude che in Italia manca un ospedale delle donne, cultura oramai consolidata nei paesi anglosassoni, e ha sostenuto l’utilità di portare all’interno di questo percorso la cultura medica e la cura di sé a 360 gradi.

Sanità connessa al territorio e più formazione  

Con la pandemia si è capito che la salute è un bene importante ed ha un forte impatto sul sistema sociale ed economico di un paese. I dati del servizio sanitario nazionale mostrano uno scenario in cui la popolazione sta invecchiando e non produrrà da un punto di vista economico. Oggi è opportuna un’attenta programmazione e con le risorse del PNRR vi è la condizione di definire cosa servirà in futuro. Questo cambio di visione fa sì che tra le priorità vi è quella di non ammalarsi, integrare la malattia con il sociale, elemento fondamentale per le donne che raramente possono contare sul care giver. È anche necessario fare formazione per una nuova sanità attraverso la digitalizzazione, un sistema che connetta la sanità a tutto il territorio nazionale. Tale processo secondo la Siliquini non è rinviabile insieme ad una attenta formazione di professionisti sanitari nell’utilizzo della telemedicina.

Un sistema quote per top manager della sanità

Durante la pandemia è emersa una mancanza di donne nei ruoli apicali. Nel sistema sanitario il 18% occupa il ruolo di direttore generale mentre nel mondo solo il 25% arriva a cariche di top management, ma ribadisce Paola Testori Coggi, l’obbiettivo è raggiungere il 40% entro il 2025. L’attuale fotografia restituisce uno scenario poco rassicurante, infatti, le donne medico sono il 44% e scendono al 32% se si parla di direttori di strutture sanitarie e il 17% se direttori in strutture complesse. Quanto ai posti di direttore generale, a fronte di un 26% di iscritte nelle liste idonee, solo il 18% sono scelte per occupare questo ruolo, un gap che evoca consolidati stereotipi culturali e vivi pregiudizi nel nostro paese. Ricerca, conoscenza, formazione, empowerment femminile delle professioniste della salute devono essere sostenute da una seria politica attiva, dice Sandra Zampa. Suggerisce di adottare un sistema di quote “rosa” equivalente alla norma già prevista per le società quotate in borsa che prevede la presenza femminile nei consigli di amministrazione, così anche le aziende sanitarie dovrebbero far uso di questo strumento per garantire parità di genere negli organi di amministrazione e controllo nella sanità. Infine, ha sottolineato la necessità di campagne di comunicazione e format sulla salute per evitare disuguaglianze, false informazioni e raggiungere tutte le donne in ogni strato della società.

Cristina Montagni

Contributi alla conferenza: Roberto Speranza, Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, coordinatrice Health&Science Bridge, Carla Vittoria Maira, presidente Fondazione Atena Donna, Anna Maria Moretti, presidente GISEG, Roberta Rossini, Direttrice S.C. Cardiologia Ospedale Santa Croce e Carle Cuneo, Roberta Siliquini, Professore Ordinario di Sanità Pubblica, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università di Torino, Annamaria Colao, Presidente Società italiana di Endocrinologia, Cattedra Unesco Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile, Maria Pia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche, Maria Peano, presidente Associazione Pre.zio.sa., Eleonora Porcu, vicepresidente della commissione III del Consiglio Superiore Sanità, Università di Bologna, Paola Testori Coggi, consigliere scientifico Istituto Affari Internazionali (IAI) e Special Advisor del Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita Alisei, Mariella Enoc, Presidente Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Sandra Zampa, Responsabile Salute Segreteria Nazionale PD, responsabile alle relazioni internazionali ed attività istituzionali nazionali del Ministero della Salute.

Prevenzione, informazione e diagnosi precoce contro il Papilloma Virus. Intervista esclusiva alla Presidente di IncontraDonna Onlus Prof.ssa Adriana Bonifacino

L’infezione da HPV è un problema serio, interessa entrambi i sessi ma è nelle donne che provoca maggiori danni poiché causa il carcinoma della cervice uterina, primo tumore che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto come riconducibile ad un’infezione e costituisce uno degli obiettivi da sconfiggere entro il 2030. Il 4 marzo, in occasione dell’International Hpv Awareness Day, il Censis nel presentare la ricerca sulla percezione del rischio di tumore da Hpv nel nostro Paese, ha sottolineato che ogni anno in Italia si registrano oltre 3 mila casi di tumore causati dal Papillomavirus e solo nel 2020 ha provocato il decesso di oltre mille donne.

Women For Women Italy ha incontrato la Prof.ssa Adriana Bonifacino, Presidente di IncontraDonna Onlus, responsabile dell’Unità di Diagnosi e Terapia in Senologia presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea-Università Sapienza di Roma e docente della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza. A lei abbiamo chiesto quali sono gli strumenti per vincere la battaglia contro l’infezione da Papilloma virus e da malattie associate.

L’Hpv provoca il cancro fra le persone giovani e a quali lesioni si associa?

Prof.ssa Adriana Bonifacino, Presidente IncontraDonna Onlus

La vaccinazione per l’HPV (Papilloma Virus) e le infezioni ad esso associate e le 6 patologie oncologiche ad esso correlate, per femmine e maschi, sono un tema di grande attualità. Peraltro, le campagne di sensibilizzazione che si stanno svolgendo in tutto il mondo, e ora particolarmente in Europa, vorrebbero poter debellare completamente il Papilloma attraverso la vaccinazione. Pertanto, sono necessarie ancora opere di formazione e informazione dirette alla popolazione intera; i maggiori a dover essere informati sono i genitori degli 11-12enni. Molti di loro sono ancora fortemente resistenti ad una vaccinazione che riguarda patologie sessualmente trasmissibili, non rendendosi conto che una volta che il virus è passato, questo potrà rimanere silente per moltissimi anni per affacciarsi anche in età adulta. Certamente l’informazione deve raggiungere, in ogni caso, la popolazione intera perché molti sono gli avanzamenti e le scoperte di questi anni; possiamo dare maggiore protezione persino alle donne che hanno già avuto il carcinoma del collo dell’utero per abbattere il numero di possibili recidive della malattia. La problematica dei carcinomi legati all’HPV non è detto che sia una problematica dell’età giovane. Da adolescenti/giovani si fa il vaccino per non ammalarsi nell’arco della vita. Certamente, alcuni tumori del collo dell’utero si riscontrano anche in età giovane, ma più i bambini verranno vaccinati e meno avremo problemi di cancro da adulti. Nella pratica, più parliamo di salute e mettiamo in atto le buone pratiche validate anche dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), e meno ci ammaleremo di cancro nel futuro. Peraltro, un tumore del collo della cervice (collo dell’utero) in giovane età, anche suscettibile di ottimi trattamenti terapeutici moderatamente invasivi, va sempre comunicato al ginecologo di fiducia, soprattutto se si è intenzionati ad intraprendere un percorso di gravidanza.

Qual è l’età preferibile per l’offerta attiva della vaccinazione anti-HPV?

L’età di vaccinazione è tra i 9 e gli 11/12 anni; è importante che sia scelta la fascia di età nella quale non si sono ancora avuti contatti sessuali (Attenzione! Parliamo infatti di contatto e non di rapporto: il condom, ad esempio, non protegge dall’HPV e i contatti tra superfici dove vi sono mucose più sensibili al virus sono molteplici sul nostro corpo!). In Italia la chiamata è a 11 anni da parte delle ASL, e chiaramente la vaccinazione è gratuita per femmine e maschi.

Scuola, famiglia e in generale l’Italia informa abbastanza sulle azioni da intraprendere a livello preventivo? Persistono ostacoli, tabù sociali/culturali che impediscono la prevenzione?

L’informazione non è mai sufficiente e deve necessariamente essere regolata da enti istituzionali, governativi, regionali e anche da associazioni, ma che siano in linea con quanto previsto dal SSN e dai diversi decreti Regione per Regione. L’offerta della vaccinazione in età pediatrica è ormai omogenea, uniforme su tutto il territorio nazionale; per quanto riguarda la vaccinazione in età adulta e in donne che abbiamo già avuto un carcinoma del collo dell’utero, esistono ancora delle difformità tra Regioni. Questo fenomeno al solito crea disparità e discriminazioni che, anche come associazioni di pazienti, vorremmo vedere abbattute quanto prima. E per questo esercitiamo una funzione di lobby nella sua accezione positiva di collaborazione e stimolo sulle istituzioni. La scuola è sicuramente un punto fermo per la divulgazione di messaggi corretti e per la sensibilizzazione al tema trattato. Ci sono Regioni (Abruzzo, Basilicata, e diverse altre) dove le classi intere, successivamente ad un processo formazione, vengono accompagnate presso la ASL territoriale per la vaccinazione dei bambini. Queste sono le buone pratiche che vorremmo vedere diffuse a tutto il territorio. Purtroppo, l’epoca del Covid ha ulteriormente aggravato il tasso di adesione alle vaccinazioni in Italia e anche per l’HPV la flessione non è poca cosa. Direi, anzi, che il dato è preoccupante se lo pensiamo proiettato alla potenzialità di malattia oncologica a distanza di anni. Anche il fatto che si tratti di un virus a trasmissione sessuale non fa che peggiorare il tipo di informazione che può raggiungere le famiglie. Soprattutto, ancora non è così percepita la necessità di vaccinazione dei maschi (che sono peraltro il cosiddetto serbatoio di HPV tutta la vita) e si fa fatica a pensare ai propri figli adolescenti a poter essere coinvolti da una malattia che preveda un contatto sessuale. Se non ci liberiamo di questi tabù e non pensiamo seriamente che stiamo portando a casa un vantaggio e un risultato per la loro salute futura, avremo una crescita esponenziale di casi di tumore legati a questo virus.

Infine, vorrei sottolineare la necessità del Pap Test e dell’HPV DNA test di proseguire secondo i modelli organizzativi regionali e di conseguenza territoriali.

Nella pratica, associare alla vaccinazione che rimane l’essenza fondamentale della prevenzione primaria per giungere ad un HPV zero (#stopHPV anche in Italia), alla prevenzione secondaria mediante test (Pap Test e HPV DNA test) che possano identificare precocemente l’eventuale presentarsi della patologia.

Adriana Bonifacino è responsabile dell’Unità di Diagnosi e Terapia in Senologia presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea – Università Sapienza di Roma e docente della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza. Ha insegnato in diverse università in Cina e Giappone. Dal 2008 è Presidente dell’associazione IncontraDonna, impegnata nella lotta contro il tumore del seno. Ha ideato la campagna nazionale di sensibilizzazione e prevenzione “Frecciarosa” in partnership con il Ministero della Salute, le Ferrovie dello Stato Italiane, AIOM e Farmindustria. Ha fatto parte del gruppo di lavoro del Ministero della Salute per la stesura delle linee guida dei Centri di Senologia e per le linee di indirizzo della Nutrizione in Oncologia. È stata delegata europea di Europa Donna. Nel 2011 le è stato assegnato il Premio Roma Capitale delle Donne.

IncontraDonna Onlus è un’associazione non profit rivolta alle donne e agli uomini che desiderano informarsi in modo corretto e conoscere adeguatamente una patologia di grande rilevanza sociale: il tumore del seno. Per conoscere meglio tutte le attività dell’associazione, in allegato maggiori indicazioni:

Cristina Montagni

HPV BOARD il progetto presentato al CNEL per un futuro senza Papilloma Virus

Il virus HPV Papilloma Umano è responsabile di numerosi tumori, fra cui il tumore della cervice uterina, pene, ano, vagina, vulva, cavità orale – lingua, bocca, tonsille e orofaringe. Oggi con la prevenzione è possibile combattere l’insorgenza del Papilloma attraverso il vaccino per ragazze e ragazzi e con la diagnosi precoce. Tutta la comunità scientifica sta divulgando il messaggio per aumentare l’adesione e l’informazione da parte della popolazione.

Il 22 aprile a Roma si è svolta al CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) la presentazione del progetto “Hpv board: un futuro senza papilloma virus”, sostenuto da Francesco Riva, consigliere CNEL alla presenza di studiosi e numerose società scientifiche.

I dati raccolti dalla comunità scientifica mostrano che solo il 60% delle giovani donne esegue il Pap-test o HPV-DNA Test e aderisce a programmi di screening organizzati dalle diverse regioni. È poi pressoché inesistente l’informazione e la conoscenza dei tumori HPV correlati al distretto testa-collo e le visite periodiche per una diagnosi precoce in campo odontostomatologico e otorinolaringoiatrico. La letteratura a questo proposito restituisce dati poco confortanti, infatti, in Italia ogni anno vengono diagnosticati più di 6mila casi di tumori associati al Papilloma Virus e patologie HPV correlate con evidenti costi che pesano alla collettività per oltre 500 milioni di euro. Il dato sull’insorgenza delle patologie potrebbe essere sottostimato con il rischio di un ulteriore crescita dovuto al ritardo diagnostico e il calo delle immunizzazioni a causa della pandemia da COVID 19.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ed ECCO (European Cancer Organisation) nel 2020 hanno invitato a sostenere azioni mirate per eliminare il cancro della cervice uterina e tutti gli altri HPV correlati entro il 2030. Gli scienziati avranno quindi il compito di sviluppare attività condivise in sinergia con altri specialisti per costruire una rete in grado di aumentare l’informazione tra la popolazione, diffondere in modo capillare controlli e test mirati e aumentare la collaborazione diagnostico-terapeutica fra gli specialisti.

HPV BOARD

“Il progetto ha un alto valore sociale ed economico” ha detto il presidente del Cnel Tiziano Treu “punta alla prevenzione della diffusione di patologie che hanno ripercussioni sul sistema Sanitario nazionale con costi elevati per la collettività e la pandemia da Covid ha fatto emergere l’importanza per il sistema Paese l’efficienza del sistema socio-sanitario”. “La campagna “HPV BOARD” nasce quindi per fornire strumenti rapidi nella pratica clinica della visita odontoiatrica o otorinolaringoiatrica. “Una rivoluzione che può contribuire a far scendere la curva delle diagnosi di tumori HPV correlati e in futuro cancellarli completamente” ha spiegato Francesco Riva.

Infine, Gaetano Paludetti, Presidente della Società italiana di otorinolaringoiatria ha ribadito che “l’approccio multidisciplinare è fondamentale per arrivare ad una diagnosi precoce per il trattamento di tutte le neoplasie maligne della testa e collo. Il quadro epidemiologico negli ultimi 20 anni è cambiato nei paesi occidentali per la diffusione del Papillomavirus generando un incremento dell’incidenza dei carcinomi dell’orofaringe. La consapevolezza dei pazienti e la vaccinazione saranno fondamentali per ridurre l’incidenza dei carcinomi HPV indotti e per trattarli nella maniera più appropriata”. “Il progetto” conclude Paludetti “darà la possibilità di alzare la soglia di attenzione per tutti cittadini e clinici”.

Cristina Montagni

Fondazione Onda e l’Open Week salute donna

In occasione della VI Giornata nazionale della salute della donna, la Fondazione Onda dedica dal 19 al 25 aprile una settimana gratuita di prevenzione e cura al femminile. L’obiettivo è promuovere una sana informazione sulle patologie più diffuse a livello epidemiologico nella popolazione (quali sono, come prevenirle, come riconoscerle e affrontarle).

Alimentare la conoscenza, sviluppare consapevolezza è un passo fondamentale per tutelare la propria salute e compiere scelte adeguate a preservarla. La buona informazione genera scelte migliori anche in ambito sanitario in termini di diagnosi e cura. In questa occasione non manca il progetto “UNA SETTIMANA PER LA SALUTE DELLA DONNA NEGLI OSPEDALI CON I BOLLINI ROSA”.

Gli ospedali con i Bollini Rosa che hanno aderito all’iniziativa, saranno offerti gratuitamente servizi clinici, diagnostici e informativi (in presenza e a distanza) nelle aree specialistiche di cardiologia, dermatologia, diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia e malattie del metabolismo, geriatria, ginecologia e ostetricia, medicina della riproduzione, neonatologia e patologia neonatale, neurologia, oncologia ginecologica, oncologia medica, pediatria, psichiatria, reumatologia, senologia, urologia, violenza sulla donna. Un appuntamento per sottolineare l’importanza della prevenzione primaria, della diagnosi precoce, dell’aderenza terapeutica e facilitare l’accessibilità ai servizi, ancor più a fronte del protrarsi dell’emergenza sanitaria da pandemia Covid-19.

Per conoscere orari, date e modalità di accesso ai servizi, basta cliccare sul banner in home page e scoprire i servizi offerti. Seleziona la Regione e la Provincia di interesse per visualizzare l’elenco degli ospedali e il nome della struttura per consultare il/i servizio/i offerto/i.

Tutte le prestazioni sono consultabili dal 6 aprile 2021 a questo link H-Open Week sulla Salute della Donna (bollinirosa.it)

Cristina Montagni

Due paesi su tre donne e bambini esclusi da una vita dignitosa. WeWorld 2020 analizza 172 Paesi nel mondo compresa l’Italia

In 110 Paesi del mondo su 172 donne e bambini sono ad esclusione sociale. La pandemia da Covid-19 ha ridotto drasticamente i diritti fondamentali di donne e bambini nel mondo generando un impatto negativo sull’accesso all’istruzione in tutti i Paesi.

Questi alcuni dei temi affrontati in occasione del convegno svolto il 18 novembre a Milano da WeWorld dove è stato presentato il rapporto WeWorld Index 2020. Al dibattito hanno preso parte Marco Chiesara, presidente di WeWorld, Mathieu Brossard, responsabile educazione dell’ufficio di ricerca Unicef-Innocenti, Tiziana Clerico, coordinatore in Libia del settore protezione UNHCR, Refaat Sabbah, presidente della Global Campaign for Education di Ramallah ed Emanuela Del Re, vice ministra agli Affari Esteri e cooperazione internazionale di Roma.

Risultati della decima edizione del rapporto WeWorld

Il rapporto annuale WeWorld ha valutato il livello di inclusione di donne e bambini in 172 Paesi nel mondo utilizzando 34 indicatori con lo scopo di difendere i diritti di donne e bambini in 27 paesi compresa l’Italia. La decima edizione descrive il mondo ai tempi del Covid-19 con l’aggiunta di 3 nuovi indicatori che misurano l’impatto sulla salute, educazione ed economia. Dal rapporto emerge che 2 paesi su 3 non riesce a garantire una vita dignitosa alle fasce più deboli e, in questo contesto, prolifica violenza, minor accesso all’istruzione, scarso accesso alle cure mediche e mancanza di un ambiente sano in cui crescere. Stando ai dati 2020, sono aumentati del 5% i paesi con bassi livelli di inclusione, ciò significa che se il ritmo rimane costante entro il 2030 si potrebbero aggiungere altri 26 paesi non in grado di assicurare l’inclusione per donne e bambini. “Nel lungo periodo l’impatto della pandemia sarà più forte nei paesi con economie a basso reddito che rischiano di ampliare le condizioni già instabili per l’inclusione di donne e bambini”, ha detto Marco Chiesara, presidente di WeWorld. Ha aggiunto che l’impatto del Covid – come moltiplicatore di disuguaglianze – è presente in molti settori, basti pensare che con l’introduzione dello smart working e la didattica a distanza, solo il 55% delle famiglie ha avuto accesso ad una connessione internet. A questo occorre aggiungere altri 11 milioni di bambine che dopo la crisi Covid non rientreranno più a scuola, mettendole a rischio di gravidanza precoce, abusi e matrimonio forzato. Il rapporto stima inoltre che a fine 2020 si aggiungeranno altri 117 milioni di bambini che vivranno in condizioni di povertà estrema, senza contare che UN Women ha denunciato che 243 milioni di donne nel mondo sono state vittime di violenza fisica e/o sessuale negli ultimi mesi.

L’Italia per WeWord

In Italia circa il 70% dei giovani con cui WeWorld lavora nelle periferie non ha né pc/tablet né una connessione internet a casa. Per garantire supporto a questi giovani, l’organizzazione ha utilizzato altre forme di supporto digitale (WhatsApp, telefonate), attivato una linea telefonica di supporto per bambini e famiglie e continuato a coinvolgere tutti gli educatori (insegnanti, genitori, etc.). A tale proposito dobbiamo dire che la posizione italiana è peggiorata dal primo anno di pubblicazione del WeWorld Index, regredendo di 11 posizioni, in particolare per quanto riguarda la condizione dei bambini il cui capitale economico e educativo si è deteriorato a causa della pandemia. Inoltre, la condizione delle donne ha dato segni preoccupanti per quanto riguarda occupazione e reddito.

Educazione in Italia e rischi di disoccupazione femminile

Nel nostro paese la spesa per l’educazione è tra le più basse in Europa. Secondo WeWorld siamo al 92esimo posto su 137 paesi e si colloca alla 52 esima posizione su 149 paesi per tassi d’iscrizione alla primaria anche per la carenza di asili nido. La mancata inclusione dei bambini si riflette sulle donne e sulla possibilità di rimanere sul mercato del lavoro. Secondo gli ultimi dati Istat, circa il 20% delle madri interrompe il lavoro per sostenere i figli e con l’arrivo della didattica a distanza si corre il rischio di andare incontro ad un inasprimento delle condizioni di disuguaglianza preesistenti: in Italia il 23,9% delle famiglie non ha internet e il 12,3% dei bambini tra i 6 e i 17 anni non ha computer o tablet a casa. L’Italia registra poi tassi di disoccupazione elevati (136ª posizione su 176 paesi) mentre performance migliori si registrano per la salute (il tasso di mortalità infantile si attesta al 3 per 1000, 12ª su 176 paesi). Le diseguaglianze aumentano se si passa anche alla dimensione economica, qui il nostro paese è posizionato alla 131ª posizione su 175 per tassi di disoccupazione femminile ed è al 91º posto su 145 per differenziali di reddito rispetto agli uomini. Ciò si traduce in un divario salariale, dove l’Italia si colloca al 76esimo posto su 153 Paesi.

Del Re. Con pandemia necessarie azioni globali per proteggere donne e bambini

La vice ministra degli esteri, Emanuela del Re ha ribadito che la mancanza di accesso all’istruzione colpisce di più le ragazze adolescenti, ma in generale la pandemia ha contribuito ad avere un effetto devastante sulle donne – non solo nei paesi in via di sviluppo – per il grave incremento dei casi di violenza domestica. La Del Re ha assicurato che la Cooperazione italiana è impegnata ad incrementare gli sforzi per prevenire e proteggere le donne e le ragazze da tutte le forme di discriminazione e violenza e proteggere i diritti delle donne, dei bambini e dei gruppi vulnerabili, contribuendo a garantire la loro sicurezza, salute fisica e mentale, benessere, sicurezza economica e uguaglianza. “Il contesto attuale presenta sfide pressanti”, ha concluso la Del Re. “Sono necessarie azioni a livello globale per proteggere questi gruppi, impedire che la crisi sanitaria si trasformi in una crisi dell’istruzione e di genere, e costruire un modello di sviluppo sostenibile, consentendo ai bambini, ai giovani e alle donne di affrontare il mondo di domani nelle loro migliori condizioni”.

Cristina Montagni